“Specializzande molestate”: il primario del San Matteo di Pavia rischia il processo per violenza sessuale aggravata

Pavia, undici studentesse contro un medico del policlinico San Matteo. "Comportamenti sconvenienti e attenzioni fisiche fastidiose". Le denunce sono arrivate da questionari anonimi compilati nell’ateneo

L'ingresso storico dell'ospedale San Matteo di Pavia

L'ingresso storico dell'ospedale San Matteo di Pavia

Violenza sessuale aggravata dall’abuso di autorità ai danni di 11 specializzande del suo reparto. È la pesante accusa nei confronti di un primario del policlinico San Matteo di Pavia, al quale ora la procura della Repubblica ha notificato l’avviso di chiusura delle indagini preliminari. A muovere le accuse sono state le giovani, rispondendo nel 2021 a questionari anonimi sul corso che stavano seguendo.

Le specializzande del quarto e del quinto anno hanno riferito di "comportamenti sconvenienti" tenuti dal primario. All’epoca dei fatti il medico, oltre a essere primario era direttore della scuola di specialità frequentata da una ventina di allievi. Undici di loro hanno parlato di attenzioni fisiche fastidiose. Non solo, stando alle testimonianze delle studentesse, durante la didattica il medico avrebbe messo in pratica atteggiamenti sconvenienti e le avrebbe molestate fisicamente, simulando atti sessuali o anche palpeggiandole. Appena le risposte ai questionari sono arrivate all’Università, è scattato un procedimento disciplinare e il medico ha rassegnato le proprie dimissioni dall’incarico di direttore della scuola di specialità.

“L’Università di Pavia mette sempre al centro il rispetto della persona e la creazione di un ambiente sicuro e sereno – fanno sapere dall’Ateneo di Strada Nuova –. Nel caso specifico, avevamo a suo tempo prestato immediato ascolto alle segnalazioni che erano pervenute attraverso i questionari di valutazione che anonimamente vengono compilati dagli studenti. Avevamo quindi dato avvio a un procedimento disciplinare che, nel rispetto della legge, si è dovuto arrestare data l’impossibilità di acquisire testimonianze dirette o prove certe. L’Università ha quindi segnalato l’evento alla autorità giudiziaria, sospendendo il proprio procedimento".

Le indagini, affidate ai carabinieri e coordinate dal magistrato Valentina De Stefano, hanno portato ad ascoltare tutti i partecipanti al corso, comprese le undici giovani dottoresse che avevano sollevato il caso. Ora la Procura potrà o archiviare o rinviare a giudizio il primario. Secondo i legali che difendono il medico, le condotte sarebbero avvenute davanti a tutti gli studenti, quindi in contesto in cui non si potrebbe parlare di molestia sessuale.

Ma l’Unione degli universitari va oltre. "Non è un evento isolato, è l’ennesima manifestazione di una problematica strutturale profondamente radicata nel sistema accademico e sanitario italiano – ha sottolineato Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Udu –. La nostra recente ricerca ha evidenziato con chiarezza che le molestie e le violenze di genere rappresentano una problematica sistemica all’interno delle università italiane. Abbiamo ricevuto risposte di oltre 1.500 persone e 300 testimonianze in meno di un mese. Abbiamo constatato come più del 20% dei rispondenti non consideri le università italiane come luoghi sicuri. È inaccettabile che il 34,5% degli intervistati sia a conoscenza di episodi di molestia o violenza negli spazi universitari, con i docenti indicati nel 48% dei casi come i principali responsabili. Occorre introdurre con urgenza in tutti gli atenei misure concrete per contrastare questa piaga".