San Matteo di Pavia, primario indagato per molestie su 11 specializzande: “Non è un caso isolato, violenze sistematiche”

“Problema strutturale”: lo afferma l’Unione degli universitari sulla base di una recente ricerca condotta negli atenei italiani e tra coloro che stanno conseguendo una specializzazione medica

L’Unione degli Universitari esprime profondo sdegno e preoccupazione per l'indagine al San Matteo di Pavia

L’Unione degli Universitari esprime profondo sdegno e preoccupazione per l'indagine al San Matteo di Pavia

Quello del primario dell’ospedale San Matteo di Pavia indagato per molestie sessuali nei confronti di 11 specializzande non sarebbe un caso isolato, ma un “problema strutturale profondamente radicato nel sistema accademico e sanitario italiano”. Lo afferma Camilla Piredda, coordinatrice nazionale dell’Unione degli universitari (Udu), sulla base di una recente ricerca che ha mostrato come il 34 per cento degli studenti sia a conoscenza di episodi di molestia o violenza negli spazi universitari.

Gli studenti specializzandi sono laureati in medicina che stanno conseguendo una specializzazione medica (es. cardiologia) e che, di fatto, lavorano negli ospedali a fianco dei medici “strutturati”, ovvero coloro che hanno già conseguito una specializzazione. I fatti oggetto dell’indagine pavese risalgono al 2021 e le specializzande vittime delle presunte molestie erano iscritte all’università.

“In merito agli episodi di molestie sessuali sulle specializzande dell'ospedale San Matteo di Pavia, attribuiti a un primario ora sotto indagine della Procura, l’Unione degli Universitari esprime profondo sdegno e preoccupazione”, dichiara Piredda. Nell’indagine dell’Udu, spiega, “abbiamo ricevuto risposte di oltre 1500 persone e 300 testimonianze in meno di un mese. Abbiamo constatato come più del 20 per cento dei rispondenti non consideri le università italiane come luoghi sicuri. È inaccettabile che il 34,5 per cento degli intervistati sia a conoscenza di episodi di molestia o violenza negli spazi universitari, con i docenti indicati nel 48 per cento dei casi come i principali responsabili”. 

"Questi dati non sono sorprendenti, ma confermano ciò che denunciamo da tempo: la cultura patriarcale pervasiva favorisce un ambiente in cui l'abuso di potere e le violenze sessuali sono minimizzati, ignorati o peggio, normalizzati. Le università, luoghi dove dovrebbe prevalere il sapere e il rispetto reciproco, si trasformano così in posti insicuri, soprattutto per le studentesse”.