Casteggio (Pavia) – Allevamenti familiari chiusi, cinghiali abbattuti e molti operatori impegnati. La peste suina è un flagello. Il punto è stato fatto a Casteggio dove è stata analizzata la situazione attuale e si è parlato del futuro che non vede ancora all’orizzonte la speranza di un vaccino atteso da centinaia di aziende. Le più grandi sono state costrette a fermarsi il mese scorso, in base all’ordinanza regionale e rimane l’incognita dei ristori. Nel frattempo si continua a ridurre il numero di cinghiali. "L’obiettivo che ci siamo dati - ha detto il commissario nazionale Vincenzo Caputo intervenuto da remoto - sono 900mila cinghiali da abbattere in un anno in Italia dove, tra i 4 distretti in cui è emersa l’epidemia, quello più temuto è proprio quello ligure-piemontese-lombardo perché è qui, in Pianura Padana che l’epidemia può assestare un colpo micidiale all’economia". Soltanto in Lombardia le esportazioni di carne suina ammontano a 700 milioni di euro l’anno generando un giro d’affari di 1,2 miliardi.
Finora sono stati abbattuti 968 cinghiali. Di questi 942 sono stati analizzati per verificare se avessero la Psa e sono state 202 le carcasse rinvenute. "Noi abbiamo dei modelli tarati su altre latitudini - ha sottolineato Francesco Feliziani del centro di referenza nazionale Psa - perché il fenomeno è stato studiato più nei Paesi dell’Est europeo, dobbiamo capire che cosa potrà accadere da noi. Che cosa potremo attenderci". Nel 2022 in Oltrepò sono stati chiusi 316 allevamenti fino a 4 capi. "L’assenza di un vaccino - ha proseguito Feliziani - limita molto le misure di controllo. Dobbiamo agire a livello di prevenzione e biosicurezza". Tra poliziotti e cacciatori formati sui temi della biosicurezza sono impegnati nei boschi dell’Oltrepò 781 persone. "Il contenimento della specie - ha concluso Francesco Feliziani - può aiutare a controllare la malattia. Di certo ci vuole un nuovo modello di gestione del cinghiale rispetto a quello che c’è stato negli ultimi anni".