Pavia – La si temeva già da un anno e mezzo, ma ora è diventata realtà. Che la peste suina africana (Psa) arrivasse in Lombardia dalle colline dell’Oltrepò pavese, era quasi una certezza già dal gennaio del 2022, quando erano stati registrati i primi casi nel confinante Piemonte (che la scorsa settimana ha raggiunto quota 499 casi accertati). Il virus non è trasmissibile all’uomo, ma colpisce i cinghiali in libertà e mette a rischio gli allevamenti di suini.
Nonostante gli sforzi fatti lo scorso anno per cercare di proteggere i confini, anche con recinzioni per evitare che i cinghiali dal Piemonte scollinassero in Oltrepò, dopo la prima carcassa risultata positiva alla Psa, trovata venerdì 16 giugno a Bagnaria, in località Torretta, un secondo caso è già stato riscontrato a distanza di pochi giorni, su un’altra carcassa rinvenuta in riva al torrente Staffora, nell’omonima valle, in Comune di Ponte Nizza, a ridosso del confine con Cecima.
Con la conseguente istituzione della "Zona di restrizione 2" che ad oggi comprende 11 Comuni nell’arco di 10 chilometri, e della "Zona di restrizione 1", con rischio più limitato, ma entrambe destinate ad allargarsi ad altri 2 Comuni dopo il secondo ritrova mento. Con restrizioni che riguardano la movimentazione di animali vivi e di carni di suini, con inevitabili ripercussioni economiche per gli allevamenti, ma anche il trekking e il cicloturismo, oltre che la caccia, la pesca e anche la raccolta di funghi e tartufi, consentita solo a residenti e proprietari o affittuari di case.
Nella "zona rossa" gli escursionisti devono restare sui sentieri segnalati, i cani devono essere tenuti al guinzaglio ed è vietato uscire dal tracciato per andare in mezzo alla vegetazione, per il rischio di veicolare la malattia. Anche le feste e le sagre dono essere limitate ad aree ben delimitate, senza occupare campi e boschi. Si temono quindi ripercussioni sul turismo in Oltrepò, soprattutto se con il passare delle settimane e con gli inevitabili altri ritrovamenti che ci saranno, anche per l’aumento dell’attività di ricerca per monitoraggio, le zone di restrizione si allargheranno.
I danni economici più temuti sono comunque quelli legati alla suinicoltura: la Lombardia alleva infatti il 50% dei capi a livello nazionale, di cui il 31% in provincia di Brescia (766 allevamenti), il 25% a Mantova (463 allevamenti) e il 20% a Cremona (363 allevamenti), con il restante 21% tra le province di Lodi, Bergamo e Pavia. E se per il territorio pavese il rischio di emergenza riguarda, più che l’allevamento, la produzione di salumi - tra cui il salame di Varzi (Dop) - per tutta la Lombardia la preoccupazione è per la suinicoltura, un settore che vale 1,2 miliardi di euro.
«La situazione è gravissima - commenta Paolo Maccazzola, presidente di Cia Lombardia - serve arginare questa piaga prima che si arrivi al blocco della circolazione dei prodotti di derivazione suina". "L’emergenza cinghiali e il fenomeno della Psa - chiosa Cristiano Fini, presidente nazionale Cia - sono stati per troppo tempo sottovalutati, lasciando che una produzione fondamentale del nostro Made in Italy venisse compromessa. Siamo ormai a 7 regioni coinvolte dall’epidemia".
E già alla conferma della positività alla Psa della carcassa di cinghiale trovata a Bagnaria, al primo caso, giovedì scorso l’assessore regionale alla sovranità alimentare, Alessandro Beduschi, ha incontrato il Commissario di Governo per l’emergenza, Vincenzo Caputo. "Il livello di attenzione rimane altissimo - dichiara l’assessore Beduschi - perché da settimane ormai la malattia lambiva i nostri confini tra le province di Alessandria e Pavia. L’ordinanza firmata il 6 giugno dal presidente Attilio Fontana è il primo presidio per circoscrivere la circolazione del virus.
Oggi è fondamentale procedere con l’individuazione delle carcasse di cinghiale, con il supporto logistico dell’esercito e l’utilizzo di droni. Parallelamente occorre proseguire con abbattimenti controllati. Niente sarà lasciato al caso".