Pavia, prigioniera in casa col figlio: cinque anni di aggressioni e violenze sessuali

Il clima di terrore era stato instaurato dagli aguzzini sin da quando la sposa era adolescente: abusi anche ai danni del bambino. Condannati marito e due parenti

Pavia - Una vita da prigioniera in casa propria senza la libertà di uscire da sola e di incontrare persone estranee alla famiglia, in un contesto di continue aggressioni fisiche, minacce di morte e violenze sessuali. A suo figlio poi veniva impedito di andare a scuola e dal medico. È quanto, secondo le accuse, una giovane donna con il proprio bambino ha dovuto subire per cinque anni a causa del marito e di due parenti, diventati suoi aguzzini.

Ora il coniuge, un romeno di 35 anni, è stato condannato dal giudice del Tribunale di Pavia a otto anni di reclusione, mentre i due parenti di 61 e 62 anni sono stati condannati a due anni di reclusione con sospensione della pena. I fatti risalgono al periodo tra il 2012 e il 2018 e si sono verificati in un Comune della provincia di Pavia. La donna, anch’ella romena, oggi ha 26 anni ma ne aveva appena 17 quando i maltrattamenti sono iniziati. In casa, secondo quanto contestato agli imputati, si era instaurato un clima di terrore. La donna era costantemente insultata e denigrata, le veniva detto che non era una buona madre e subiva frequenti minacce di morte. Il marito le diceva che l’avrebbe uccisa, altre volte che avrebbe ammazzato la sua famiglia rimasta in Romania. La prendeva a calci e pugni, le tirava i capelli e ha anche cercato di strangolarla, oltre ad averla colpita in testa con un cavo elettrico.

Con la complicità dei due parenti, le veniva impedito di avere contatti con persone estranee ed era obbligata ad andare a chiedere l’elemosina, oltre a essere sorvegliata quando parlava al telefono con sua madre in modo che non potesse chiedere aiuto. Il marito la obbligava a subire rapporti sessuali contro la sua volontà, quando era ancora minorenne, picchiandola e cercando di strangolarla se lei lo rifiutava. Anche il figlioletto della coppia veniva maltrattato. Al bambino infatti veniva impedito di andare prima alla scuola dell’infanzia e poi alla primaria, non poteva nemmeno recarsi dal pediatra o dal dentista: una situazione che ha influito sul suo sviluppo come è stato possibile verificare nella comunità dove, una volta portati alla luce i fatti, madre e figlio sono stati accolti per metterli in sicurezza. I tre aguzzini sono stati incriminati per maltrattamenti in famiglia, al marito è stato contestato anche il reato di violenza sessuale su minore. Giovedì è arrivata la sentenza di primo grado.