Pinot grigio, la macchina del falso andò avanti anche dopo i sequestri

Terre d’Oltrepo, è quanto emerge dalle carte del rinvio a giudizio

La cantina di Broni travolta dall’indagine sul Pinot tarocco

La cantina di Broni travolta dall’indagine sul Pinot tarocco

Broni, 23 maggio 2017 - Non si erano mai fermati, neppure dopo il maxi sequestro operato dalla Guardia di finanza nel 2015 e tantomeno dopo il primo blitz della Forestale a fine 2014. Il collaudato sistema fraudolento messo in atto dal 2008 al 2016 alla cantina Terre d’Oltrepo è proseguito anche quando l’inchiesta era già avviata e i primi interrogatori effettuati. Addirittura risulterebbe che parte del prodotto sotto sequestro sia stato addirittura, comunque, venduto. È quanto emerge dal rinvio a giudizio per 16 persone per l’inchiesta sul falso Pinot grigio.

Oltre al super manager Livio Cagnoni, 66 anni, già direttore e poi agente di commercio, ma comunque, secondo la Procura di Pavia, sempre attivo e con un ruolo centrale nella vicenda con la complicità della sua segretaria e braccio destro, Pier Carla Germani, 56 anni e di un enologo veneto, Giovanni Menini di 45 anni, sul banco degli accusati finiscono anche due ex presidenti, quello storico, in carica per un ventennio e oltre, Antonio Mangiarotti e quello che lo aveva sostituito dopo il primo blitz del novembre di tre anni fa, Pier Luigi Casella. Con loro a giudizio anche cinque ex consiglieri, Paolo Bassani, Michele Campagnoli, Mauro Pastore, Fabio Marchesi e Marco Orlandi e l’ex direttore regionale della Lombardia dell’ispettorato nazionale repressione frodi, Pietro Maria Meregalli. Stessa sorte anche per cinque conferenti uve Graziano Faravelli, Filippo Nevelli, Marco Figini, Danilo Dacarro e lo stesso figlio di Livio Cagnoni, Alessio, 38 anni, sindaco di Lirio, un piccolo Comune (146 abitanti) della fascia collinare bronese. Nel caso fosse condannato, in base alla legge Severino, rischia di dover abbandonare la carica istutuzionale. A tutti vengono contestati diversi reati ognuno dei quali potrebbe comportare un rischio condanna fino a 6 anni, dalla frode in commercio di uve, mosti e vini, contraffazione di indicazioni geografiche e denominazione di prodotti agroalimentari, alla truffa aggravata per aver percepito indebitamente contributi comunitari e per reati fiscali come emissione di fatture per operazioni inesistenti.