GABRIELE MORONI
Cronaca

Pavia, il racconto di un quarantenne: "Io, a casa col coronavirus dico no alla paura"

"Febbre, peso al petto e quel telefono che non squillava mai"

Ospedale di Codogno

Zavattarello (Pavia), 6 marzo 2020 - In casa, a Zavatarello , dolci colline dell’Oltrepò Pavese. La compagnia del computer, del televisore, del cellulare che gli porta tante voci amiche. In compagnia del coronavirus che dopo essersi insinuato lo sta lasciando giorno dopo giorno per restituirlo alla salute e alla vita. È un uomo non ancora quarantenne.

Come si è accorto di essere stato contagiato? "Era giovedì di due settimane fa. Alla sera mi sentivo molto fiacco. La mattina dopo sentivo dolori alle ossa. Ho pensato di avere l’influenza. Non la prendevo da anni, sono uno che non si ammala. Non ho misurato la febbre. Ho lavorato al computer. ‘Avrai il Coronavirus’, mi ha detto al telefono una collega. Una settimana prima ero andato a pranzo in una trattoria nel Lodigiano, fuori dalla ‘zona rossa’".

Cos’ha fatto? "Mi sono subito allarmato un po’. Mi sono rintanato in casa e non facevo entrare nessuno. Ho chiamato il 112 e ho spiegato che cosa mi succedeva e che ero stato nella zona a rischio. ‘La richiamiamo’. Sono passate delle ore. Ho richiamato. Risposta: ‘Le facciamo sapere’. Ho passato la giornata di venerdì aspettando una telefonata che non è arrivata. Ho chiamato ancora sabato mattina poco dopo le undici. Stessa risposta: ‘La richiamiamo’. Cominciavo a sentire anche un peso al petto".

Preoccupato? "Un po’. Anche in televisione proseguiva il bombardamento delle notizie. ‘Cosa faccio, mi sono detto, sto a casa a morire? Vado a farmi visitare’. Alle undici di sabato sera mi sono messo la mascherina che avevo in casa, mi sono disinfettato le mani con la boccettina di alcol che tengo sull’auto, sono salito in macchina e sono andato all’ospedale di Varzi. Ho suonato. ‘Guardate, ho l’influenza e sono stato nel Lodigiano’. ‘Stia lì. Ci attiviamo per aprire la procedura’".

E dopo? "Tampone e analisi del sangue. La notte al pronto soccorso, che notte... Verso le 11 di domenica mi hanno detto che ero positivo".

Cosa provava? "Un po’ spaventato. Ma ero anche tranquillo. La febbre era sparita. Ancora un leggero appesantimento al petto. I dolori alle ossa c’erano. Per il resto stavo bene. Avevo una certa preoccupazione per la trafila, l’iter che avrebbe coinvolto parenti, amici, conoscenti. Questo mi spaventava. Mi hanno detto che mi avrebbero portato a Pavia. È passata un’ora e mezza. Mi hanno comunicato che i sintomi erano leggeri e mi mandavano a casa. Mascherina, tunichetta verde da chirurgo e calzari. Sono salito in auto e sono tornato a casa".

Oggi come vive? "Mi hanno dato ventiquattro giorni di isolamento a casa. Passato questo periodo, qualcuno mi attesterà che sono guarito. Ha chiamato l’Ats di Pavia. Mi faranno un tampone. Se sarò ok me ne faranno un altro. Se andrà bene anche il secondo, vorrà dire che sono guarito".

Come trascorre la giornata? "Lavoro al computer. Un po’ di televisione. Ho il giardino per prendere una boccata d’aria. I primi giorni li ho passati a inviare messaggi. La voce si era sparsa. Mi hanno cercato amici che non vedevo da dieci anni".

Cosa vorrebbe dire agli altri? "In paese ci conosciamo tutti. Non penso ci sia un timore generale. Una persona sana non deve preoccuparsi anche se contrae il virus".