Certosa, affogò l’amico e finse incidente: confermata la condanna a 15 anni

Anche in secondo grado Nicola Alfano è stato ritenuto colpevole dell’omicidio di Bruno Lazzerotti

Nel giugno 2019 l’imputato aveva annegato l’amico e fatto cadere l’auto nella roggia

Nel giugno 2019 l’imputato aveva annegato l’amico e fatto cadere l’auto nella roggia

Certosa (Pavia) -  La Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la condanna di primo grado a 15 anni di reclusione nei confronti di Nicola Alfano, 50enne milanese accusato dell’omicidio dell’amico Bruno Eugenio Lazzerotti, 78 anni. Secondo le accuse, Alfano aveva inscenato nel giugno 2019 un incidente stradale a Certosa di Pavia, in seguito al quale l’amico sarebbe finito in una roggia, annegando. Per gli inquirenti, si trattava in realtà di uno stratagemma per nascondere il delitto: in realtà avrebbe affogato lui stesso il 78enne. La Procura generale in secondo grado aveva chiesto l’assoluzione, sostenendo ci fossero incongruenze nella ricostruzione e mancassero prove. La Corte d’Appello invece ha deciso per la conferma della condanna. Il processo di primo grado si era svolto con rito abbreviato, che consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna.

Parti civili al processo sono alcuni parenti di Lazzerotti, tra i quali la nipote assistita dall’avvocato Luciano Giulidori: "Siamo rimasti meravigliati dalla requisitoria del procuratore generale, ma siamo confortati che la Corte d’Appello abbia seguìto la tesi della parte civile, cioè che c’è una concatenazione di eventi inverosimili che fanno concludere per la responsabilità dell’imputato il quale, come giustamente aveva sottolineato il giudice dell’indagine preliminare, a nostro avviso non era credibile" . Secondo le accuse il movente all’origine del delitto sarebbe di natura economica. Lazzerotti infatti aveva nominato Alfano erede universale, ma poi negli ultimi tempi aveva iniziato una relazione con una signora.

Per gli investigatori Alfano, temendo cambiamenti della destinazione dell’eredità dell’amico, lo avrebbe ucciso simulando poi l’incidente: avrebbe spinto Lazzerotti in un corso d’acqua poco profondo nei campi, per poi far cadere nella stessa roggia l’auto su cui poco prima stavano viaggiando. Era stato arrestato circa un anno dopo l’accaduto.