MANUELA MARZIANI
Cronaca

Belgioioso, rischia lo sfratto: dai domiciliari passa al carcere

L'uomo, che lavorava come facchino, è stato arrestato dopo gli scontri del 10 febbraio scorso. La difesa del SiCobas: "Il Comune aveva promesso un alloggio"

Il sindacalista SiCobas Marco Villani

 Belgioioso (Pavia), 3 giugno 2018 - L’alloggio sotto sfratto non è idoneo ad accogliere una persona agli arresti domiciliari. Con questa motivazione l’altra sera per Moustafa Elshennawi, 22 anni, residente a Belgioioso, si sono aperte le porte del carcere di Torre del gallo. Il giovane egiziano, che lavorava come facchino in una logistica di Piacenza ed era iscritto al sindacato del SiCobas, era stato arrestato dopo gli scontri del 10 febbraio scorso. In quell’occasione a Piacenza, durante un corteo contro la riapertura di una sede di CasaPound, Moustafa, che sarebbe stato riconosciuto attraverso le immagini, avrebbe strappato lo scudo a un carabiniere e insieme ad altre 11 persone lo avrebbe picchiato. Il giovane è stato prima incarcerato e poi trasferito ai domiciliari.

Ora è arrivata l’ordinanza di aggravamento della misura cautelare, emessa venerdì dal gip di Piacenza su richiesta del pm avvenuta il 31 maggio. Moustafa è stato trasferito in carcere. «Siccome può perdere la casa da un momento all’altro – ha detto Marco Villani del SiCobas – non può continuare a rimanervi. Ma il Comune di Belgioioso aveva garantito alla famiglia l’assegnazione di un alloggio popolare nel quale l’intero nucleo composto da un padre invalido e disoccupato, dalla madre e da tre figli avrebbe potuto andare a vivere». Probabilmente, però, nessuno ha comunicato ai magistrati emiliani che Moustafa avrebbe avuto presto un’altra casa, così è stato trasferito a 4 giorni dal processo. «Il trasferimento – ha proseguito Villani – è avvenuto senza alcun preavviso andando ad aggravare lo stato di prostrazione nel quale si trova Moustafa». Il 22enne, descritto come un bravo ragazzo, era infatti l’unico a lavorare. La sua famiglia contava su di lui e sullo stipendio che portava a casa. «In questi mesi abbiamo cercato di aiutarli – conclude Villani –, ma dal momento in cui si è reso conto di non poter lavorare, Moustafa sta malissimo. Non giustifico quanto accaduto a Piacenza, ma il carcere non è il posto giusto per questo ragazzo>.