MANUELA MARZIANI
Cronaca

Portinaio a 81 anni per orgoglio: fu tra i primi assunti alla Maugeri e non molla

La storia di Angelo Manera: questa è la mia famiglia

Angelo Manera

Pavia, 27 aprile 2019 -Mentre un migliaio di pavesi chiede di andare in pensione anticipatamente approfittando di quota cento, c’è chi non riesce a separarsi dal proprio posto di lavoro. Angelo Manera, classe 1938, è uno dei primi dipendenti dell’istituto di cura Maugeri, che non lascia da 53 anni. Assunto il 1° aprile 1966 da Salvatore Maugeri in persona che era appassionato di medicina applicata agli ambienti di lavoro, «il Manera» come lo conoscono medici, infermieri e personale amministrativo, ha fatto le pulizie nella prima sede di via Boezio, il fattorino, l’autista, animatore del Cral aziendale e ancora oggi lo si trova in portineria. 

«Io la voglio qui insieme a suo fratello». Sono bastate queste parole pronunciate da Salvatore Maugeri, il fondatore della clinica a convincere Angelo Manera a dimettersi dal posto che aveva dando gli otto giorni per cominciare subito a lavorare nel il neonato istituto di medicina del lavoro di via Boezio.

Signor Manera, lei ha lasciato il suo lavoro per passare in Maugeri, poteva essere una scelta azzardata all’epoca. La clinica era stata aperta da poco, poteva non essere un “posto sicuro”, si è mai pentito della scelta fatta?

«No, sono stato contento - ha raccontato Angelo Manera, uomo di 81 anni molto timido e schivo -, ho conosciuto un grande uomo, come il professor Salvatore Maugeri. Ma tutta la famiglia era meravigliosa. Appena arrivato ricordo che il professore mi disse: «Questa è casa sua, segua sempre suo fratello Lino che è un grande lavoratore». Così è stato. Abbiamo fatto un po’ di tutto in Maugeri. Allora non c’era la persona incaricata di svolgere quel lavoro o un altro. Ognuno faceva quello che c’era da fare, ma eravamo un grande gruppo. Ancora oggi quando incontro qualche infermiere in pensione, ci salutiamo con affetto».

Medici e infermieri, però, avevano compiti ben precisi...

«Si, ma quando c’era la necessità tutti erano pronti a rimboccarsi le maniche. E i medici erano sempre presenti. Ricordo quando c’è stato il tornado e poi anche l’incendio del 1969 che ci ha visti impegnati per tre giorni e tre notti. Abbiamo lavorato tutti, non solo io e mio fratello Lino, ma anche i medici e gli infermieri. C’era un gruppo molto bello, eravamo legatissimi. Nessuno si tirava mai indietro. Il mattino dopo lo scoppio dell’incendio, tra le 6 e le 7 doveva partire la dialisi e non si potevano lasciare i malati senza dialisi che all’epoca durava 12 ore, non 3 e mezza come succede adesso. In clinica allora si stava costruendo la nuova ala, ma non era ancora pronta. Tanti malati li abbiamo portati in quel reparto. Anche dall’oratorio vicino alla chiesa di San Gervasio che si trova di fronte alla clinica di via Boezio sono venuti a darci una mano».

Come si è verificato l’incendio?

«È stato un incendio con la nafta nera. C’era un fumo incredibile. Il professor Maugeri continuava a ripeterci di bere latte. Ricordo che quel giorno mio fratello Lino era andato ad accompagnare un’infermiera a Belgioioso. Quando è rientrato, ha visto che c’era ancora il camion della nafta davanti alla Croce verde con il tubo per terra e si è stupito. È andato a vedere cosa stesse succedendo e ha notato che c’era già un po’ di fumo. È riuscito ad arrampicarsi e a salvarsi uscendo da una finestrella. Così ha dato l’allarme. Per quel gesto ha ricevuto la medaglia d’oro».

Lei invece negli anni ‘70 ha “inventato” il torneo Maugeri.

«I primi uffici amministrativi erano in via Azario, dove lavorava anche mio fratello che per 20 anni è stato l’autista del professore. Io andavo in via Azario a lavare i pavimenti; ho detto a Lino che avrei voluto organizzare un evento dedicato a Salvatore Maugeri e lui mi ha offerto il suo supporto. Casualmente poi ho incontrato Umberto Maugeri e gliene ho parlato. «Vai avanti, se hai bisogno io sono qui» mi ha risposto. È nato così il primo torneo».

Lei è in pensione e sta lavorando ancora, è innamorato del suo lavoro.

«Sono molto riconoscente nei confronti del professor Maugeri e di tutta la famiglia. Quando sono andato in pensione ho chiesto di continuare a collaborare. Sono legato all’istituto che ho visto partire da via Boezio con poche stanze e crescere fino a diventare un grande ospedale. Non lo voglio lasciare questo è il mio posto».