
Violenza di genere, l’emergenza: "Bambini sui siti porno già a 7 anni
"Ci sono dati sconvolgenti sul dilagare di bambini di 7-10 anni che finiscono su siti pornografici e iniziano così ad addestrarsi a un modo violento di gestire il rapporto con la donna.
In un sistema dove la scuola tende a ritirarsi su questi temi e la famiglia non è più in grado di esercitare il proprio ruolo di guida e di controllo, c’è realmente da preoccuparsi".
Non è molto ottimista, il professor Massimo Clerici, direttore del dipartimento di Salute Mentale della Fondazione Irccs San Gerardo dei Tintori di Monza, sul fronte della violenza di genere, che sempre più spesso, purtroppo, fa rima con stupri o, peggio ancora, femminicidi.
Cerchiamo, anzitutto, di fare chiarezza: cosa dobbiamo intendere per femminicidio?
"Non possiamo generalizzare, perché assistiamo a situazioni profondamente diverse.
Per questo, ad esempio, parlare sempre del patriarcato e del ruolo del maschio, crea confusione.
Diciamo che possiamo individuare tre tipologie di persone, e quindi di comportamenti: alcuni atti violenti sono legati a una subcultura che ha una visione della donna di un certo tipo; in altri casi si parte da presupposti di tipo psico-patologico, quindi dei veri e propri scompensi, con dei sintomi psicotici, delle patologie gravi; in altre situazioni ancora parliamo di soggetti con disturbi della personalità, che li portano a volte a perdere il controllo, a comportarsi senza freni: molti di questi casi avvengono ad esempio tra i giovani e sono legati all’uso sempre più diffuso di vecchie e nuove droghe".
Possiamo quindi parlare di matrici culturali e matrici psicologiche?
"Esattamente, la matrice subculturale porta a vedere la donna come qualcosa da poter strumentalizzare, manipolare o esplicitamente possedere.
È un comportamento che prosegue nel tempo e poi a un certo punto può sfociare nella violenza. Su questo fronte si può sicuramente incidere, soprattutto sensibilizzando le nuove generazioni.
La matrice psico-patologica, invece, è più imprevedibile, è difficile da prevenire, spesso purtroppo emerge quando il danno è già fatto".
Spesso si sente parlare di “raptus di follia”: se ne è parlato di recente, qui a Varedo, per il caso dell’anziano che ha tentato di uccidere la moglie e poi si è suicidato, dandosi fuoco. Esistono davvero? Cosa li caratterizza?
"Il raptus, spesso, è un luogo comune per giustificare dei comportamenti in modo improprio. Ad esempio, se una persona è depressa non va ad uccidere un’altra persona, piuttosto si suicida.
Possiamo parlare di raptus solo nei casi di accertati disturbi mentali".
Quali sono invece le differenze chiave in un atto di violenza contro le donne commesso da un giovane o da una persona più avanti con l’età?
"Nei ragazzi il mancato controllo è quasi sempre legato all’uso delle droghe.
Sugli anziani invece vanno a incidere possibili deficit cognitivi, che non gli permettono di prevedere la gravità di certi comportamenti aggressivi".
Come si può agire, quindi, e incidere realmente, per prevenire e limitare questa escalation?
"Bisogna partire dall’informazione e dalla sensibilizzazione dei giovani sui rapporti tra le persone.
Tenendo conto che oggi il web e i social media sono una trappola piena di pericoli: i dati sulla frequentazione di siti porno da parte dei bambini sono veramente preoccupanti.
E visto che la scuola fa poco e la famiglia è soggiogata ai social, c’è poco da stare sereni e molto da lavorare".
Le donne, in tutto questo, possono fare qualcosa per evitare di finire così spesso nel mirino?
"Su questo aspetto dobbiamo essere molto chiari e dire le cose con coraggio.
Le donne, soprattutto nella fascia giovanile, devono cercare di evitare certi comportamenti: se anche loro si ubriacano, si drogano, vanno in discoteca fino alle 4, poi escono di notte e si fermano per un’ultima birra, a volte anche con uno sconosciuto, è finita.
L’uso di sostanze è precursore di molti casi di violenza, come gli stupri.
Che non hanno mai assolutamente giustificazioni ma spesso ci si ritrova in situazioni complesse dove non sempre vittima e carnefice hanno ruoli ben definiti"