Viaggio d’autore nella memoria La storia nell’obiettivo di Galimberti

La mostra del grande fotografo brianzolo: "Un progetto emozionante per non dimenticare"

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di Fabio Luongo

"Dimentichiamo troppo facilmente la storia e quello che ci ha insegnato, tornando a sbagliare: perciò occorrono progetti di questo genere, per non dimenticare".

È un viaggio nella memoria e nella sua necessaria riattualizzazione quello che propone il brianzolo Maurizio Galimberti, grande fotografo di fama mondiale, con la sua mostra “Istanti di storia“, inaugurata sabato sera nelle sale del Museo d’Arte Contemporanea. In esposizione ci sono 60 opere di grande formato, istantanee fotografiche che scompongono e ricompongono a mosaico alcune delle immagini più iconiche del Novecento, caricando di nuova forza e incisività il potere evocativo di quelle figure. "Il progetto – racconta Galimberti – è nato da un lavoro di rilettura della storia della Basilica di San Nicola da Tolentino, nelle Marche. Paolo Ludovici ha prodotto e finanziato questo lavoro come mecenate visionario. In qualche modo sono stato forse un po’ il prolungamento dei suoi sogni".

"Ho cominciato e mi sono subito appassionato, mi emozionavo, mi commuovevo – spiega il fotografo –. Per me è diventato quasi un bisogno fisico riciclare le immagini che già esistono: una cosa ancor più significativa oggi che viviamo grandi momenti storici come l’invasione dell’Ucraina, la rivolta delle donne in Iran, il terremoto in Turchia. Nella mostra ci sono tutti questi temi: tendiamo a dimenticare la storia, si torna sempre a sbagliare, ci sono corsi e ricorsi. Per questo serve un lavoro di questo genere: per non dimenticare". Il percorso della mostra si conclude con una rilettura della tragedia di Marcinelle, città belga in cui si consumò uno dei peggiori incidenti in miniera della storia, con 262 morti, più della metà lavoratori immigrati italiani. "Ci sono esposte in anteprima 5 foto del mio progetto su Marcinelle – chiarisce Galimberti –. Il rischio è che quando l’ultimo sopravvissuto di quel disastro morirà la gente dimenticherà: quindi queste immagini assolvono a questo compito di memoria".

"Questo lavoro – sottolinea – mi ha portato a essere non il Maurizio Galimberti artista patinato della polaroid per collezionisti, ma il Maurizio Galimberti che volevo essere, un fotoreporter che attraverso la sua macchina fotografica ha modo di raccontare, o meglio ri-raccontare, la storia, per portarla nella nostra contemporaneità".

Tante le immagini significative. "C’è quella che riprende il manifesto del terremoto dell’Irpinia del 1980 e quella dei bambini di Bosnia Erzegovina, bambini in un camion durante la guerra in Iugoslavia, una foto meravigliosa e agghiacciante, che richiama i bambini dell’Ucraina e dell’Afghanistan. Sono contento, da brianzolo di Meda, di essere riuscito a fare finalmente una cosa di questo genere in Brianza, in un museo meraviglioso che va portato avanti con ostinazione perché è bellissimo e ha un patrimonio incredibile".