STEFANIA TOTARO
Cronaca

Tangenti in Brianza, la difesa: Malaspina imprenditore senza tesoretti nascosti

"I soldi? Solo per salvare le aziende"

Guardia di Finanza

Vimercate, 26 maggio 2018 - «Un imprenditore che non si è mosso per creare tesoretti chissà dove, ma che ha cercato di salvare le sue aziende colpite dalla gravissima congiuntura economica immettendo di tasca propria enormi somme di denaro». Ecco chi è Giuseppe Malaspina per l’avvocato Luca Ricci, il suo storico legale che lo segue da anni e a cui, dopo l’arresto, si è aggiunto il collega Marcello Elia. L’imprenditore di origini calabresi ma trapiantato fin dalla gioventù nel Vimercatese, si trova in carcere su ordine di custodia cautelare chiesto dalla Procura di Monza con le accuse di bancarotta fraudolenta e false fatturazioni che avrebbe commesso grazie alla complicità di uno staff di professionisti compiacenti per salvare dal fallimento il suo impero immobiliare fatto di appartamenti, alberghi e anche un lussuoso mega maneggio ad Ornago. 

All'interrogatorio di garanzia Malaspina si è avvalso della facoltà di non rispondere al gip. «Non ha risposto alle domande del giudice perché, a differenza del gip che ci ha messo un anno per l’ordinanza, noi eravamo nella totale impossibilità di preparare la difesa da un giorno con l’altro - spiega l’avvocato Ricci - Ma contestiamo decisamente le accuse e ci rammarica molto il fatto che Malaspina avesse già rappresentato le sue argomentazioni davanti al pm». Il legale punta il dito sul fatto che lo stesso gip non abbia accolto la richiesta di misura cautelare nei confronti degli indagati per l’associazione per delinquere e il riciclaggio. Per il gip non è stata ritenuta la prova, «neppure sotto il profilo indiziario, dell’esistenza di un gruppo organizzato».

Sulle altre accuse «Malaspina vuole difendersi e rappresentare la correttezza del suo ragionamento imprenditoriale complessivo - continua Luca Ricci - e dimostrare che le somme rimaste nel suo Gruppo trovano giustificazione nel suo obiettivo di salvare le aziende. Malaspina non ha mai avuto l’intento di creare danno ai creditori, infatti il fallimento non è stato chiesto dai creditori ma dalla Procura di Monza. Le società erano già state colpite dalla crisi immobiliare e, con il fallimento, hanno perso ancora più valore». Secondo la difesa, «tra il 2009 e il 2010 Malaspina ha messo nelle casse del suo Gruppo 26 milioni di euro di beni suoi personali e ha tentato una ristrutturazione societaria con le banche, accettata da tutte tranne due - sostiene il legale - A causare il default è stata l’enorme svalutazione del compendio immobiliare a causa della congiuntura economica e il cruccio nostro è che invece sono state adottate dal consulente tecnico della Procura valutazioni fuori da ogni logica del valore di mercato, ad esempio relativamente agli alberghi Ca Sagredo di Venezia e Gritti di Milano, che hanno finito per alterare la prospettiva accusatoria. Constatazioni che svilupperemo in una nostra consulenza tecnica difensiva».

Sui prossimi passi della difesa, c’è assoluto riserbo. Malaspina potrebbe decidere di farsi interrogare dal pm Salvatore Bellomo e poi chiedere la scarcerazione, oppure presentare ricorso al Tribunale del Riesame contro l’ordinanza cautelare o ancora addirittura davanti alla Suprema Corte di Cassazione.