Suicidio in cella a Monza: è giallo. I dubbi della direttrice sulla morte di un detenuto

Un tunisino si sarebbe ucciso inalando il gas del suo fornelletto da campo Il sindacato di polizia penitenziaria denuncia: "Preoccupati dal disinteresse"

La casa circondariale di via Sanquirico a Monza è una polveriera

La casa circondariale di via Sanquirico a Monza è una polveriera

Monza - Si sarebbe tolto la vita nel bagno della sua cella, inalando il gas di un fornelletto. Quando il suo compagno di cella lo ha trovato riverso sul pavimento, ormai non c’era più nulla da fare. In ogni caso la Procura di Monza ha disposto l’autopsia per non lasciare dubbi sulla morte di un detenuto tunisino di 33 anni avvenuta la notte scorsa nella casa circondariale di via Sanquirico. "Non mi sento di affermare che si sia trattato di un suicidio, la magistratura farà in ogni caso chiarezza" dice però all’AGI la direttrice Maria Pitaniello. 

Secondo le prime indagini, coordinate dal pm Stefania Di Tullio, l’uomo – che avrebbe finito di scontare la sua condanna per omicidio nel dicembre del 2024 – è stato trovato riverso nel bagno della cella, il suo compagno di detenzione non si sarebbe accorto di nulla. Nel cestino accanto al corpo è stata ritrovata una bomboletta di gas vuota. "È il secondo suicidio di un detenuto dall’inizio dell’anno a Monza, il decimo in Italia, e tutto questo nell’indifferenza sostanziale della politica, del ministero della Giustizia e del Governo - denuncia Gennarino De Fazio, segretario generale della Uil PA Polizia Penitenziaria -. Mentre al Ministero si istituiscono commissioni dalla denominazione altisonante, i cui lavori spesso si perdono nei cassetti e di cui sarebbe interessante conoscere anche i costi, nelle prigioni sono ancora in uso i fornelletti da campo, quasi a confermare che si tratti di veri e propri campi di battaglia". 

"Noi agenti siamo preoccupati dal disinteresse verso quello che accade ogni giorno all’interno del carcere - lamenta Domenico Benemia della segreteria regionale della Uil -. Tra suicidi, anche tentati, e aggressioni verso il personale in divisa, c’è un allarme sociale che non vogliamo venga scaricato esclusivamente sulle spalle della polizia penitenziaria". "Noi - conclude De Fazio - continuiamo a dire che bisogna smetterla con le chiacchiere e le passerelle e dare segno di presenza dello Stato con provvedimenti concreti ed emergenziali che si pongano l’obiettivo di rifondare il modello d’esecuzione penale, e riorganizzare, potenziandolo, il corpo di polizia penitenziaria". E probabilmente, "più personale permetterebbe maggiori controlli". 

In via Sanquirico sono in servizio 320 agenti. Certo, "con qualche sacrificio possiamo anche dire di non essere sotto organico, ma con una sezione in più da gestire (l’ex detentivo femminile che dovrebbe ospitare circa 90 persone a ‘custodia attenuata’) è necessario l’arrivo di almeno altri 30 agenti". Partendo dal fatto che oggi nelle 16 sezioni del carcere di Monza ci sono oltre 600 detenuti, la metà stranieri. Duecento in più rispetto alla capienza regolamentare prevista dal Ministero.