Sport Therapy, un modello Un progetto per l’Europa

Ha coinvolto 16 partner in 8 nazioni e ottenuto 7 milioni di finanziamento. Dal 2017 accolti 400 pazienti dai 18 mesi ai 22 anni (il 25% sottoposti a trapianto)

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di Marco Galvani

Un ragazzo, prima di essere sconfitto dalla leucemia, gli aveva consegnato il testo di una poesia di Marta Medeiros. ‘Lentamente muore chi è schiavo dell’abitudine’ recita uno dei versi. Ecco, "quello che abbiamo sempre deciso di continuare a fare è andare contro le abitudini". Momcilo Jankovic è una delle anime del Centro per la ricerca e la cura sulle leucemie dei bambini ancora oggi anche se ormai ha lasciato il camice.

E parte di un progetto all’avanguardia che con Andrea Biondi, direttore della Clinica pediatrica al San Gerardo, e il Comitato Maria Letizia Verga è arrivato a coinvolgere 16 partner in 8 nazioni europee e ha ottenuto un finanziamento europeo di 7 milioni di euro: "Il progetto FORTe nasce dalle domande che i nostri bambini ci pongono e a cui noi dobbiamo dare una risposta", le parole di Biondi. Una di queste risposte l’hanno trovata nello sport.

E in una ricerca scientifica con la quale, fino al 2026, verranno allenati 450 bambini, adolescenti e giovani adulti per "arrivare a dimostrare che l’esercizio fisico e lo sport sono una terapia sicura e potenzialmente efficace per contrastare le problematiche legate alla malattia e alle cure", spiega Francesca Lanfranconi, medico dello sport e responsabile del progetto Sport Therapy del Centro di oncoematologia pediatrica.

E’ stata lei a raccogliere, 5 anni fa, la proposta di un ex piccolo paziente, Tommaso Moriggi, che da grande aveva scelto di fare lo scienziato motorio ed è tornato nel Centro che lo aveva salvato per introdurre la ‘terapia dello sport’. Con l’attività fisica si allena la forza per rimettersi in piedi e vincere quella vertigine sulla vita a cui ti portano la diagnosi della malattia, il mese e mezzo di ricovero, altri sei mesi avanti e indietro per la chemio.

La quotidianità dei bambini e dei ragazzi che rallenta, a volte fino quasi a fermarsi. Per loro, colpiti dalla leucemia e costretti a una immobilità prolungata, anche solo fare quattro passi è come scalare una montagna. Ma è vitale riuscire a mantenere efficienti cuore, polmoni e muscoli stressati dalle cure.

"Fino a pochi anni fa l’attività sportiva veniva proposta solo ai bambini a fine terapia e in buone condizioni di ripresa – spiega Lanfranconi –. Visti i buoni risultati, oggi tutti i nostri pazienti affetti da emopatia maligna o sottoposti a trapianto di midollo possono allenarsi".

Dal 2017 la Sport Therapy ha accolto circa 400 pazienti dai 18 mesi ai 22 anni (il 25% sottoposto a trapianto), per un totale di oltre 10.300 allenamenti: "Così abbiamo imparato che non ci sono limiti". Perché "lo sport è un’importante risorsa nella vita di tutti", assicura l’ex campionessa di sci alpino Deborah Compagnoni, da anni vicina al Comitato Verga anche con la sua associazione ‘Sciare per la vita’. Ecco, appunto, come consiglia Carlo Mornati, segretario generale del Coni e pluricampione di canottaggio, "facciamo diventare lo sport il nostro compagno di vita e di salute".