MARCO GALVANI
Cronaca

Coronavirus: "Rottapharm licenzia i ricercatori che potevano studiare un vaccino"

I sindacati denunciano una "situazione paradossale" nell’azienda farmaceutica monzese

Un laboratorio di Rottapharm Biotech nella sede di Monza

Monza, 26 aprile 2020 -  Licenziamenti Rottapharm Biotech, il 14 maggio inizia la Fase 2 dell’emergenza occupazionale. Fra tre settimane è fissato l’incontro al ministero del Lavoro come ultimo tentativo per salvare i 76 ricercatori (68 in Brianza e 8 nella sede giuliana) su 86 tra la sede centrale di Monza e i laboratori di Trieste, salvando soltanto i 10 dirigenti per garantire "continuazione dell’attività nell’ambito del nuovo modello di business".

La trattativa sindacale avviata il 19 febbraio scorso "è terminata senza esito", l’amarezza di Tiziano Cogliati della Femca Cisl Monza e Brianza. Eppure, scrivono in una nota congiunta Cgil, Cisl e Uil, "mentre l’azienda offriva in trattativa un pacchetto di outplacement, il presidente del gruppo diffondeva la notizia dell’avvio della ricerca del vaccino contro il Covid-19. Notizia poi fortemente ridimensionata al tavolo della trattativa: che gioco si sta facendo?". Perché l’azienda "non ha pensato di convertire le professionalità e le competenze dei suoi lavoratori per continuare la ricerca?".

Secondo la proprietà, alla base dei licenziamenti c’è innanzitutto un problema di conti: negli ultimi cinque anni i progetti portati avanti non sono stati redditivi, nonostante investimenti per 20 milioni di euro all’anno. Poi è cambiato anche il settore, con le aziende farmaceutiche multinazionali ("le uniche che possono finanziare lo sviluppo di idee innovative fino alla loro commercializzazione") che preferiscono appoggiarsi su piccoli centri di ricerca e sviluppo "focalizzati su uno o al massimo due prodotti innovativi o su una sola piattaforma tecnologica". E quindi, serve un cambiamento che, però, comporta la dismissione delle attuali attività ("i settori terapeutici tradizionali come la reumatologia, l’infiammazione e la terapia del dolore") e il contestuale investimento su spin-off universitari e piccole biotech nazionali e internazionali. Da fine febbraio "il sindacato ha cercato di poter contrattare con l’azienda un indennizzo economico dignitoso, almeno al pari di quelli che erano stati concordati per altri esuberi negli anni precedenti", a fronte invece di un incentivo offerto di 12 mensilità e 400 euro per ogni anno di anzianità che "per il settore farmaceutico evidentemente non sono sufficienti".

Niente da fare. "L’azienda - accusano i sindacati - non ha concesso alcuna sospensione della procedura di licenziamento. Anzi, ha ritirato quanto messo a disposizione, nel tentativo di far firmare l’accordo prima della seconda fase della trattativa, la fase istituzionale, che si svolgerà al Ministero il 14 maggio". Ma, continuano, "riteniamo che la proprietà abbia un obbligo morale con i suoi lavoratori che hanno un’anzianità media molto elevata: trattarli come persone e come gli altri lavoratori licenziati nelle procedure precedenti, riconoscendogli un indennizzo che permetta loro di affrontare il futuro con più serenità e non con l’acqua alla gola".