Ricerca e speranza. Il centro d’eccellenza che studia e combatte 1.200 patologie rare

L’équipe guidata da Serena Gasperini all’Irccs San Gerardo "Ma ogni giorno ne scopriamo di nuove. Il futuro? La terapia genica".

Ricerca  e speranza. Il centro d’eccellenza che studia e combatte 1.200 patologie rare

Ricerca e speranza. Il centro d’eccellenza che studia e combatte 1.200 patologie rare

"In Italia sta arrivando una nuova terapia enzimatica a livello sperimentale, un enzima che sembrerebbe passare la barriera macroencefalica. Noi siamo centro di riferimento per questa sperimentazione, ma per Filippo i tempi non ci stavano. Ancora non c’è l’approvazione dello studio, quindi dovevamo cercare altre strade. E l’unica percorribile portava in America, alla terapia genica per andare a correggere l’alterazione del Dna. Così è partita questa “avventura“". Serena Gasperini è la responsabile del centro di malattie rare dell’Irccs San Gerardo di Monza. Lei e la sua équipe hanno “scoperto“ la malattia di Filippo.

E subito lo hanno sottoposto alla terapia enzimatica settimanale. Fino ad arrivare alla sperimentazione in America. "L’unica chance per vivere e per avere una “dignità neurologica” – continua Gasperini –. La sindrome di Hunter è una malattia inesorabile".

Cosa ha permesso a Filippo di essere accolto nella sperimentazione?

"Quella di Filippo è una malattia definita ultra rara, colpisce un bambino su 100mila. Noi seguiamo circa 12 pazienti. Non è stato facile vincere il muro americano, perché la precedenza è per i loro pazienti. Sicuramente Filippo ha aperto una breccia e la differenza l’ha fatta il gioco di squadra. Sono tutte storie da libro “Cuore“, sono tutti bambini che hanno bisogno. Evidentemente hanno visto la determinazione della famiglia a lasciare tutto, andare in America pur di dare una chance al proprio figlio. Con tutte le garanzie di supporto".

La terapia genica è risolutiva?

"Siamo ancora agli albori nella terapia genica. Per alcune malattie si può parlare di cura, ma a volte viene “solo” rallentata. Certo, l’obiettivo della terapia genica è quello di correggere in maniera definitiva, ma noi non siamo macchine. Sicuramente la terapia genica, combinata o meno ad altre terapie, è il futuro. Nel momento in cui riusciamo a entrare e correggere il Dna possiamo aggiustare molte malattie. I mezzi di correzione ci sono e la correzione genetica non è fantascienza, ma prima bisogna guardare la sicurezza, poi l’efficacia: io posso andare a manipolare il Dna, ma bisogna essere sicuri di non far danni. Sono percorsi non si fanno in un giorno, si parla di anni. Ma vent’anni fa c’era molta meno luce sul futuro. Allora sì che la terapia genica era fantascienza".

Oggi cosa si sente di dire alle famiglie dei bimbi che avete in cura?

"Quando ho cominciato, ormai 25 anni fa, a volte non avevamo neanche la terapia enzimatica. Queste malattie hanno delle diagnosi di condanna, ma avere delle speranze che sono nuove terapie, dà vigore ai bambini, alle famiglie, ma anche a noi. Diventiamo una grande famiglia".

Tra la speranza e l’illusione, il confine dov’è?

"È molto sottile. Bisogna sempre parlare francamente alle famiglie. Ora siamo in un’epoca in cui c’è il dottor Google, le famiglie hanno libero accesso alle ricerche e agli studi in corso. La sincerità è tutto. Ci deve essere la consapevolezza che si sta facendo una cosa mai fatta prima. Nessuno può garantire la certezza matematica del successo. Ma già il fatto di poter fare qualcosa per il proprio figlio è una spinta notevole".

Per quali malattie genetiche rare siete punto di riferimento?

"Le malattie metaboliche ereditarie in questo momento sono circa 1.800, noi siamo riferimento per 1.200. Sono tante, ma ogni anno se ne scoprono di nuove. Noi abbiamo sia la parte pediatrica sia la parte adulti. E questa è una grande opportunità perché ci permette di seguire il paziente dall’epoca neonatale fino all’età adulta".

M.Galv.