DARIO CRIPPA
Cronaca

Quando si chiamava Modicia. Oltre la leggenda di Teodolinda. Quel frammento di altare racconta le origini della città

È dedicato al semidio Ercole e riporta un messaggio voluto dai giovani del “castrum”. Dell’epoca romana sono rimaste diverse testimonianze e reperti archeologici.

Quando si chiamava Modicia. Oltre la leggenda di Teodolinda. Quel frammento di altare racconta le origini della città

Quando si chiamava Modicia. Oltre la leggenda di Teodolinda. Quel frammento di altare racconta le origini della città

Basta fare due passi nel cuore di Monza e varcare le porte dei suoi Musei Civici, in via Teodolinda, in quella che un tempo, nel Medioevo, ospitava le Case del Terzo Ordine degli Umiliati, per imbattersi in piccolo manufatto di pietra che sembrerebbe di nessuna o quasi importanza.

La sua epoca è romana, II secolo dopo Cristo per la precisione, e la sua pietra sembra quasi sospirare dalle profondità della storia: "Benvenuti, questa è Monza". Questo “sasso“, sino a nemmeno troppo tempo fa, al finire dell’Ottocento si trovava in una villa signorile con magnifico parco alle porte di Monza, a Cinisello. E nelle sue parole c’è traccia della prima iscrizione che attesti l’esistenza, appunto, della città di Monza: si tratta del frammento di un antico altare romano, dedicato a Ercole da un gruppo di “iuvenes modiciates”... i giovani abitanti di Modicia, ovvero l’antica Monza.

Era il 1874 quando "Il Cavaliere Nobile Carlo Ghirlanda dei Conti Silva", come recita un preciso documento, prese la decisione di donare alla città "e per essa all’Onorevole Municipio un frammento di antico cippo od ara coll’iscrizione romana HERCULI MODICIA FES. IOVENI".

Si tratta di quella che da allora è chiamata l’Ara dei Modiciates. A conservare (e verosimilmente a trovare) gelosamente quel cippo era stato Ercole Silva, un personaggio straordinario la cui esistenza si incrociò spesso con quella della città di Monza. Letterato, scrittore, grande collezionista di libri, architetto del paesaggio, “padre” italiano e importatore nel nostro Paese del giardino all’inglese. E grande collezionista di reperti archeologici. Come quell’ara, appunto, che getta una luce in più sulle origini di Monza.

Secondo la leggenda, la regina Teodolinda, per riposarsi durante una battuta di caccia del re e della corte longobarda, si era addormentata lungo la riva del fiume Lambro. In sogno aveva visto comparire davanti a lei una colomba, simbolo dello Spirito Santo, che le avrebbe pronunciato la parola modo, in latino “qui”, ad indicare che avrebbe dovuto dedicare quel luogo a Dio. La regina a quel punto avrebbe risposto, sempre in latino, etiam, una formula affermativa a indicare la propria piena accondiscendenza al volere divino. Dall’unione delle due parole modo ed etiam sarebbe poi nato il nome della città: Modoetia.

L’episodio è descritto, insieme ad altri della vita della regina, nel ciclo di affreschi eseguito nel XV secolo dai fratelli Zavattari che si può ammirare ancora oggi lungo le pareti della Cappella di Teodolinda, all’interno del Duomo di Monza.

Questa però è la leggenda. La storia di Monza è molto più antica. Ci sono a dimostrarlo ad esempio le urne, i corredi funebri, armi, lucerne, spilloni, vasellame, ceramiche grezze o dipinte. Are dedicate a Giove, Ercole e Mercurio, epigrafi e lapidi, sarcofagi, lapidi sepolcrali sia di legionari che di commercianti e piccoli proprietari, spesso dai nomi celtici romanizzati risalenti anche al secondo millennio prima di Cristo: questi ritrovamenti, alcuni databili addirittura all’Età del bronzo (II millennio a.C.), sono stati scoperti sia nella provincia monzese che nell’attuale città in diverse epoche e oggi sono conservati in gran parte nei Musei Civici.

Alcuni di questi reperti erano stati rinvenuti ad esempio nella zona dell’odierna via Dante, da cui era emersa una piccola necropoli costituita da dodici sepolture con urne, armi e oggetti in bronzo. Altri oggetti più tardi, verso il X secolo a.C., erano stati scoperti nel resto della Brianza. Le colonne che reggono il protiro del Duomo di Monza hanno capitelli corinzi del II secolo dopo Cristo. E sui fianchi del protiro sono murate due parti di un’urna funeraria romana; il lunotto medievale posto sopra il portale del Duomo è incorniciato da bassorilievi romani con amorini che lottano con animali feroci e mostri marini.

Sul retro del Duomo di Monza è ancora visibile un’antica lastra, riutilizzata a suo tempo per tappare una finestra della chiesa e su cui è ancora leggibile un’iscrizione fatta realizzare dalla famiglia Crippasius, primo cognome, di chiara origine celtica ma già romanizzato, rinvenuto nella zona. In Brianza c’erano i Celti, del resto. La tribù dei Celti Insubri si era stabilita intorno a Mediolanum, l’odierna Milano, dividendosi in numerosi villaggi, tra cui quello che sarebbe diventata l’odierna Monza. Il gruppo che arrivò a stabilirsi sulle rive del Lambro (lamb in indoeuropeo significa acqua) aveva nome Mòdsciat (più tardi latinizzato in Modìciates) e si integra con gli originali abitanti dando origine al pagus, il villaggio di Mòdiscia.

Ad avvalorare questa ipotesi etimologica a proposito dell’origine di Monza è la scoperta appunto dell’ara romana dedicata ad Ercole dai giovani Modiciates.