Quando il Parco chiuse alle auto Nascita della prima isola pedonale

Anno 1974: grandi novità viabilistiche in città e polemiche, si gettano i semi per una rivoluzione. Il centro storico diventa off limits ai veicoli motorizzati in via sperimentale, ma solo la domenica

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di Dario Crippa

Il 1974 è un anno di grandi cambiamenti, drammi, speranze (e illusioni). Negli Stati Uniti d’America scoppia lo scandalo Watergate e il presidente Richard Nixon è costretto a dimettersi e viene trasmesso per la prima volta il telefilm Happy Days, in Grecia cade la Dittatura dei Colonnelli, in Italia esplode una bomba a Piazzale della Loggia a Brescia e viene approvata la legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Pure nella sonnolenta Monza qualcosa sembra muoversi, almeno sotto il profilo viabilistico è un anno di svolta e grandi cambiamenti. I concetti di ecologia e ambientalismo stanno cominciando a prendere piede, e dal primo ottobre il parco di Monza chiude al traffico: l’assessore Franco Fossati, galvanizzato, parla di parcheggi da costruire addirittura nei sotterranei (quali?) del Parco oltre che in prossimità degli ingressi. La successiva fase annunciata dalla Giunta del sindaco Giacomo Nava parla di pedonalizzazione del polmone verde, perché il coincetto di “demotorizzazione”, come era chiamata all’epoca, evidentemente non basta più. Anche se dai banchi del consiglio arrivano proposte per così dire “curiose”: come quella di consentire l’accesso nei prati ai ragazzi in moto "per sfogarsi con il motocross" nel parco, mentre più assennate appaiono la proposta di prevedere mezzi di locomozione alternativi ed ecologici come un noleggio per biciclette e tandem mentre qualcuno si lancia a ipotizzare addirittura carrozzelle a cavallo come a Roma.

È proprio in quell’anno che si assiste intanto a una vera rivoluzione: viene creata per la prima volta un’isola pedonale nel centro storico. I giornali dell’epoca registrano le accese proteste dei commercianti, sempre i più allergici alle novità viabilistiche, e soprattutto all’inizio parlano di "traffico impazzito", di un numero insufficiente di parcheggi o comunque di parcheggi, quei pochi che ci sono, che non avrebbero la capienza sufficiente a soddisfare tutte le esigenze. Se poi si aggiunge il fatto che, soprattutto all’inizio, in centro non è stata ancora allestita la segnaletica necessaria per avvertire gli automobilisti in arrivo della novità (le vie di accesso al centro calcolate sono 22), ovviamente – come scrivono tutti i giornali – "i vigili impazziscono". E dire che, almeno all’inizio, l’isola pedonale è in vigore soltanto nei giorni festivi e all’interno di un’area delimitata, compresa fra le vie Manzoni, Azzone Visconti, Aliprandi, Massimo D’Azeglio e Appiani. L’assessore alla viabilità, Camillo Montanelli, parla per la prima volta di un parcheggio sotterraneo in piazza Trento e Trieste, ma il Comune stronca subito l’ipotesi come irrealizzabile. Quel parcheggio arriverà, ma trent’anni più tardi. Prima arriverà invece il ponte, allora solo ipotizzato, fra le vie Parravicini e Sempione. Niente da fare invece per il parcheggio sotterraneo da 400 posti: quello previsto in via Parravicini non è ancora arrivato. Ci si deve accontentare di quelli a disposizione: in via Petrarca e in piazza Castello, anche se per quest’ultimo i posti non bastano vista la partita ogni 15 giorni del Monza. Che all’epoca non è in serie A, ma ci sta provando e porta al vecchio stadio Sada diecimila persone a partita. Anche se il numero di partite in programma è senza dubbio inferiore rispetto ai ritmi attuali; non esistono anticipi, posticipi e turni infrasettimanali.

Di fronte alle polemiche per l’isola pedonale, il Comune chiede tempo; in fondo – si spiega – "la domenica il traffico è dimezzato, e la prospettiva è addirittura di chiudere il centro tutta la settimana…". Anche se Monza è troppo piccola, dicono alcuni, per consentirlo.