Omicidio Sebastiano, tempi lunghi in Cassazione: i baby killer rischiano di tornare liberi

Intanto riparte il processo al presunto mandante dell’omicidio del pusher, obiettivo chiudere entro marzo. In caso contrario anche Giovanni Gambino potrebbe lasciare il carcere per scadenza dei termini di custodia cautelare

Cristian Sebastiano, ucciso due anni fa sotto i portici dei palazzi popolari di via Fiume

Cristian Sebastiano, ucciso due anni fa sotto i portici dei palazzi popolari di via Fiume

Monza - Uno dei baby killer del pusher di San Rocco torna ancora in aula, chiamato dalla difesa al processo per il presunto mandante dell’omicidio. Ma solo come coimputato, quindi non obbligato a dire il vero, perché per la sentenza definitiva l’udienza in Cassazione non sarà fissata prima della primavera, quando per tutti i personaggi coinvolti potrebbero scadere i termini di custodia cautelare in carcere.

L'omicidio

R. aveva 14 anni il 29 novembre 2020 quando insieme con S. di 15 anni ha ucciso con una trentina di coltellate sotto i portici dei palazzi popolari di via Fiume a Monza il 42enne Cristian Sebastiano. Entrambi, tossicodipendenti e residenti nello stesso quartiere, sono già stati condannati a 14 anni e 4 mesi di reclusione, confermati anche nel processo di appello, dove i giudici hanno disposto una perizia psichiatrica che ha concluso come l’abuso di droga dall’età di 12 anni possa avere inciso negativamente sulla loro crescita, ma poi hanno lasciato identica la sentenza di primo grado del Tribunale per i minorenni di Milano. Ora alla sbarra davanti alla Corte di Assise di Monza c’è Giovanni Gambino, 43enne monzese vicino di casa e amico della vittima, dall’aprile 2021 in carcere perché per gli inquirenti ha istigato e organizzato l’omicidio commesso dai due minorenni.

I killer: "Gambino non c'entra"

I baby killer sono già stati convocati in aula dalla pm della Procura di Monza Sara Mantovani. "Siamo andati da Cristian per rapinargli la cocaina, non per ucciderlo. Quando lui ha preso la bustina, io ho tirato fuori il coltello e ho iniziato a colpirlo, non ho più ragionato, a quei tempi non ragionavo molto perché ero sempre sotto l’effetto di droga. Ma Giovanni non era con noi, non c’entra nulla con questa vicenda", ha dichiarato R. e le stesse circostanze sono state confermate dal complice.

La Procura sperava di poterli richiamare al processo a sentenza diventata definitiva in veste di testimoni che hanno obbligo di dire la verità, ma l’udienza in Cassazione tarda ad essere fissata e intanto il tempo stringe per il dibattimento a carico di Gambino, da concludersi entro marzo perché altrimenti potrebbe lasciare il carcere per scadenza dei termini di custodia cautelare. Se tardasse molto anche l’udienza in Cassazione per i baby killer, il risultato sarebbe lo stesso e per loro il rischio di smettere di seguire il percorso positivo di riabilitazione e reinserimento sociale che stanno seguendo nel carcere minorile dove sono detenuti.

La parola alla difesa

Dopodomani sarà invece l’avvocato Gabriel Manuelli, difensore di Giovanni Gambino, a interrogare R. in aula per puntualizzare alcuni aspetti favorevoli all’imputato. Il legale ha potuto fare questa richiesta dopo che la Procura ha cambiato da concorso morale in concorso materiale in omicidio l’accusa per il 43enne, accusandolo di avere telefonato a Sebastiano per fissare l’appuntamento con la morte, aprendo così la strada per la difesa alla citazione di nuovi testimoni.