Morte sul lavoro: “Stritolato per 28 minuti”. Il dramma di Gabriele Di Guida in tribunale

Ricostruito il terribile incidente al reparto verniciature della Silfa. Sotto accusa il macchinario: non avrebbe avuto un dispositivo di emergenza

Gabriele Di Guida

Gabriele Di Guida

Sulbiate (Monza e Brianza), 20 maggio 2023 –  “Trascinato per il braccio da un rullo dopo essere rimasto incastrato con una mano e stritolato per 28 minuti".

L’orribile sequenza emerge dalla ricostruzione dei tecnici della Asl al processo al Tribunale di Monza per la morte a soli 25 anni il 10 aprile 2019 di Gabriele Di Guida, di Cavenago Brianza, assunto dall’azienda di packaging Silfa di Sulbiate e a meno di 45 giorni dall’assunzione nominato responsabile della linea di verniciatura. Per questo infortunio mortale hanno già patteggiato 11 mesi con la pena sospesa il titolare della Silfa e il responsabile della sicurezza in azienda. Ora alla sbarra restano accusate di omicidio colposo le due persone che hanno rispettivamente progettato e venduto il macchinario e la Silfa come soggetto giuridico.

Al dibattimento non si sono costituiti parti civili i familiari di Gabriele Di Guida, che hanno già ottenuto un risarcimento dei danni, ma la fidanzata del 25enne, che aveva due anni in meno di lui.

Secondo lala pubblica accusa, anche gli imputati rimasti sono responsabili "per politrauma da schiacciamento" per la morte di Gabriele, che era "addetto alla produzione con mansioni di capomacchina" e che il giorno dell’infortunio mortale "si era recato all’interno della cabina di verniciatura delle bobine di lamiera" e "si era avvicinato al vano per effettuare operazioni di pulizia dell’impianto" quando "ha inavvertitamente toccato con la mano destra la zona di imbocco tra il nastro in movimento e il rullo" che gli ha agganciato il braccio. Nessuno se ne è accorto per 28 minuti, fatali per Gabriele. Ora sotto la lente del giudice Gianluca Polastri c’è il macchinario.

Secondo l’accusa , l’impianto era stato venduto all’azienda di Sulbiate nonostante fosse "non conforme alle normative vigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro" per "l’assenza di un dispositivo di arresto di emergenza, di ripari fissi o mobili a protezione del vano sotto la verniciatrice" che non dava altre possibilità di accesso per pulire i rulli e infine "l’assenza nel manuale d’uso di informazioni sulle azioni specifiche che gli operatori devono compiere per fare funzionare l’impianto e sulle misure di protezione da adottare". Dal canto loro gli imputati, difesi dall’avvocato Luigi Bruno Peronetti, contestano che "il macchinario è stato progettato e venduto a norma, ma è stato poi modificato in azienda e usato in maniera impropria".