
La consegna dei premi San Giovanni 2025
Monza – Sotto i portici dell’Arengario, ieri a mezzogiorno si è rinnovato uno dei riti civici più sentiti dalla comunità monzese.
È stata, come da tradizione, la giornata del patrono San Giovanni Battista a fare da cornice alla cerimonia di consegna del Giovannino d’Oro e del premio Corona Ferrea, le massime benemerenze cittadine. Un momento solenne che ha unito, ancora una volta, riconoscenza e identità, emozione e memoria, e che quest’anno ha portato con sé un messaggio chiaro: è il tempo della solidarietà.
Cinque i nomi premiati con il Giovannino d’Oro 2025: Fabio Castelli (alla memoria), Anna Cavenaghi, Eugenio Galbiati, Tiziana Fedeli e Rosella Stucchi. Al loro fianco, il premio Corona Ferrea è andato all’associazione Carcere Aperto, da decenni al fianco dei detenuti. La cerimonia, presieduta dal sindaco Paolo Pilotto, ha seguito la messa solenne in Duomo celebrata per la prima volta da monsignor Marino Mosconi, insediatosi a ottobre.
Piazza Roma era gremita di cittadini, familiari, studenti, colleghi, amici. Ognuno testimone diretto del bene messo in atto dai premiati. Il primo riconoscimento è andato a Fabio Castelli, scomparso tragicamente la scorsa estate in un incidente in moto. Figura amatissima, è stato direttore amministrativo delle scuole parrocchiali San Biagio, collaboratore in molti nidi e scuole dell’infanzia, e volontario infaticabile della Croce Rossa. “Se serve, ci sono”, diceva. E davvero c’era sempre. A lui hanno reso omaggio più di cinquanta bambini, che gli hanno dedicato canti, cori e un affettuoso “Ti vogliamo bene!“. Non hanno potuto trattenere le lacrime la moglie Katia, e le due figlie e il figlio adolescenti. “Lui in questa occasione ci rende orgogliosi di quello che faceva e di ciò che era – le parole della moglie –. Fabio c’è sempre per tutto e per tutti. È presente attraverso tutto ciò che ha lasciato”.
Profondamente commossa anche Anna Cavenaghi, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo di via Correggio, che da agosto andrà in pensione. Le sue scuole, nel quartiere Cederna-Cantalupo, sono diventate presidi di inclusione e cittadinanza, in un contesto complesso e multietnico. Il suo operato ha avuto effetti positivi sull’intero tessuto sociale del quartiere. “Ringrazio chi ha raccolto tante firme per me – dice commossa –, da soli non si vince mai. Questo premio va anche a tutte le persone che hanno collaborato con me”.
A ricevere il terzo Giovannino d’Oro è stato Eugenio Galbiati, imprenditore e volto noto della ristorazione con il suo Ristorante pizzeria del Centro, capace di coniugare tradizione gastronomica e solidarietà. Durante il Covid ha offerto sostegno concreto ai più fragili, distribuendo 22mila pasti a chi in prima linea ha lottato contro l’emergenza. Storica la sua collaborazione con i frati francescani di Santa Maria delle Grazie per distribuire pasti ai più bisognosi. “Il bene è tale solo se è diffuso – commenta il ristoratore –, grazie a questa meravigliosa città che ha regalato tanto a me e alla mia famiglia”.
Tiziana Fedeli è invece simbolo di eccellenza nella sanità pubblica: per oltre quarant’anni ha servito il reparto di terapia intensiva neonatale dell’ospedale San Gerardo, avanguardia a livello nazionale, coniugando rigore clinico e profonda empatia. Fondatrice dell’associazione Intensivamente Insieme, ha saputo prendersi cura non solo dei piccoli pazienti, ma anche delle loro famiglie.
L’ultimo Giovannino d’Oro è andato a Rosella Stucchi, insegnante, testimone della Resistenza e presidente onoraria dell’Anpi monzese. Figlia del comandante partigiano Giovanni Battista Stucchi, Rosella ha trasformato la memoria in insegnamento. “Ai miei alunni dicevo di parlare con i nonni per dieci giorni, per capire cosa significasse la guerra – racconta –. Mio marito, Franco Isman, è stato perseguitato fin da bambino perché ebreo. Portavo in classe la tessera annonaria, i documenti dell’epoca. La mia stessa presenza li aiutava a credere che la storia è vera”.
Infine, il premio Corona Ferrea ha riconosciuto l’operato dell’associazione Carcere Aperto, nelle mani del presidente Stefano Del Corno. Da oltre trent’anni il gruppo si occupa di detenuti e famiglie con discrezione e tenacia. Supporto legale, ascolto, sostegno materiale e reinserimento sociale: un ponte essenziale tra il dentro e il fuori. Un lavoro invisibile, ma che cambia vite.