
di Barbara Calderola
Altri 12 mesi di cassa integrazione, questa volta per cessata attività, grazie al Decreto Genova. I commissari che gestiscono il fallimento del Mercatone Uno hanno ottenuto un altro anno di ammortizzatori. Duplice l’obiettivo per Matteo Moretti, segretario della Filcams Cgil-Brianza, che si occupa della vertenza: "Sostegno al reddito e percorsi di riqualificazione per i 1.300 lavoratori impigliati nel crac, fra loro una dozzina di addetti di Cesano, esclusi dal passaggio ai cinesi di Max Factory, con la possibilità di valutare nuovi acquirenti".
Ma, naturalmente, non sono tutte rose: "C’è da risolvere il problema dell’integrazione di indennità, oggi per effetto dei vecchi contratti siglati al tempo di Shernon per tenersi stretto il posto, è di 350 euro al mese. Il nodo è evidente: con quei soldi è impossibile vivere", aggiunge Moretti che ha chiesto al governo "di allungare il provvedimento che nel 2020 aveva cancellato la stortura". "Ma finora - dice il segretario - tutto tace, legge di stabilità, milleproroghe: siamo pronti alla battaglia".
Nel 2019, le gestione della società che aveva rilevato i negozi del vecchio sponsor di Marco Pantani e che ha portato i libri in tribunale in 9 mesi dopo avere accumulato 90 milioni di euro di debiti, ha coinvolto anche l’indotto. Altre 500 aziende che vantano crediti per 250 milioni e i loro 10mila operatori. Tutti col fiato sospeso aspettando altre proprietà. Lo spezzatino, la cessione parziale di negozi a compratori giudicati credibili dai commissari, sta restituendo una prospettiva a chi è rimasto incastrato nella vicenda del marchio sbarcato sul territorio negli anni Novanta, diventato punto di riferimento per migliaia di clienti, e finito nelle secche della crisi.
E’ successo anche a 30 ex del punto di vendita di via don Luigi Viganò: hanno trovato una nuova possibilità all’ombra del Dragone. All’accordo con il colosso degli oggetti per la casa, in autunno, si è arrivati partendo da una trattativa tutta in salita. Max Factory voleva assorbire il 60% della forza lavoro e scegliere senza tenere conto dei criteri previsti dalle norme, "come, invece, alla fine, è stato", spiega il segretario.
Per arrivare all’elenco si è tenuto conto dell’anzianità aziendale e dei carichi familiari. Non solo, "se si aprissero spiragli per nuove assunzioni bisognerebbe pescare da chi è rimasto fuori. Ora, però c’è da pensare alla loro sopravvivenza".