Luca Attanasio ucciso, si va a processo. Il padre: "Piccolo passo verso la verità"

La Procura di Roma rinvia a giudizio gli organizzatori della trasferta in cui perse la vita il diplomatico italiano di Limbiate. La famiglia: le bimbe non sanno tutto quello che è successo

Luca Attanasio (Facebook)

Luca Attanasio (Facebook)

La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio di due funzionari dell’Onu per la morte dell’ambasciatore Luca Attanasio. Se venisse accolta la richiesta della Procura, Rocco Leone e Mansour Luguru Rwagaza dovranno rispondere a processo per quanto accaduto il 22 febbraio 2021 in Congo, all’ambasciatore italiano Luca Attanasio, al carabiniere che gli faceva da scorta, Vittorio Iacovacci e all’autista Mustapha Milambo, caduti sotto le raffiche di armi da fuoco durante un agguato alla delegazione che si stava trasferendo nella regione del nord Kivu. Secondo l’accusa, quella trasferta non venne organizzata rispettando le regole di sicurezza che dovevano essere previste per uno spostamento di questo genere in una zona pericolosa.

La procura della Capitale contesta il delitto di omicidio colposo agli organizzatori della missione i quali avrebbero "omesso per negligenza, imprudenza e imperizia, secondo la ricostruzione effettuata allo Stato, che risulta in linea con gli esiti dell’inchiesta interna dell’Onu, ogni cautela idonea a tutelare l’integrità fisica dei partecipanti alla missione Pam e che percorreva la strada RN2 sulla quale, negli ultimi anni, vi erano stati almeno una ventina di conflitti a fuoco tra gruppi criminali ed esercito regolare". Secondo le accuse, i funzionari delle Nazioni unite avrebbero "attestato il falso, al fine di ottenere il permesso dagli uffici locali del Dipartimento di sicurezza dell’Onu, indicando nella richiesta di autorizzazione alla missione, al posto dei nominativi dell’ambasciatore Attanasio e del carabiniere Iacovacci, quelli di due dipendenti del Programma alimentare mondiale".

Salvatore Attanasio, papà di Luca, ha letto le notizie nella sua casa di Limbiate, informato dagli avvocati. Quale è stata la sua prima reazione?

"Credo che sia un altro piccolo ma significativo passo in avanti verso la verità. Sapevamo che gli elementi raccolti dalla procura erano significativi e c’erano tutti i presupposti per il rinvio a giudizio".

Cosa vi aspettate ora?

"Quello che ci aspettiamo dall’inizio, conoscere tutta la verità. Adesso queste persone dovranno spiegare perché non hanno fatto tutto quello che avrebbero dovuto fare per garantire la sicurezza di Luca. E’ una spiegazione che non devono solo a noi famigliari ma a tutta l’Italia, perché Luca era laggiù a rappresentare l’Italia".

Da parte vostra, quali saranno i prossimi passi?

"Faremo tutto quello che è necessario fare per rendere giustizia a Luca, ci consiglieremo con i legali, ma di certo non ci tireremo mai indietro nel chiedere la verità. Lo dobbiamo soprattutto alle nostre nipoti, le tre figlie di Luca".

Ora le bimbe vivono a Roma con la mamma Zakia, hanno elaborato quello che è successo a Luca?

"No, sono ancora troppo piccole. Abbiamo detto loro che il papà adesso in cielo: capiscono che c’è qualcosa che non va, che lui non torna, ma non abbiamo raccontato i dettagli di quello che è accaduto, non potrebbero capire. Noi facciamo tutto il possibile per star loro vicini, ma la vita è stata irrimediabilmente sconvolta".