Lorenzo e Rossana, la burocrazia dal volto umano

Dai primi passi a Monza fino ai vertici del municipio di Bergamo: Michele Bertola racconta in un libro la vera sfida della pubblica amministrazione

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di Monica Guzzi

"Ho deciso di parlare di ciò che davvero conta, nella pubblica amministrazione come nella vita di tutti. Le parlerò delle persone. Voglio fare conoscere alcune delle tante, tantissime che ho visto impegnarsi per migliorare la vita dei cittadini e che hanno vissuto il loro lavoro al servizio del bene comune".

Questa storia in apparenza comincia dalla fine. Un dirigente ministeriale giunto alle soglie della pensione nelle sue ultime settimane racconta alla nuova arrivata il senso del proprio lavoro. Invece di addentrarsi in dettagli tecnici e normativi, comincia a narrarle delle persone che ha incontrato da ispettore dei Comuni. In ogni storia c’è una persona che ha dato del proprio meglio per cambiare la pubblica amministrazione. Non tutte ci sono riuscite, ma alcune sì. Sono le “Persone fuori dal comune“, protagoniste corali del libro edito da Rubettino e scritto da Michele Bertola (nella foto), monzese, da otto anni direttore generale del Comune di Bergamo. Un libro che sposa l’ottimismo della ragione, supportato da esempi concreti. Quelli appunto delle persone che l’immaginario popolare pensa immobili dietro sportelli o scrivanie, ma che in questi anni - e in particolare in questi della pandemia e del lockdown - si sono sporcate le mani fra emergenze sanitarie, quartieri disagiati, necessità di risparmi, vincoli e pregiudizi. "Tutte condizioni – spiega Michele Bertola – che portano ad agire controcorrente, coinvolgendo altri e innovando la realtà".

L’autore è uno che di impegno se ne intende. Nato a Milano 61 anni fa, laureato in scienze politiche, a Monza ha rappresentato il mondo del cattolicesimo calato nella politica e nel sociale. Dagli scout alla scuola di formazione politica del cardinale Carlo Maria Martini, fino ai banchi del consiglio comunale con la Rete, il movimento fondato all’inizio degli anni Novanta da Leoluca Orlando e Nando Dalla Chiesa, una risposta forte alla mafia e pure alle leggi di tangentopoli.

I primi passi Michele Bertola li ha mossi proprio in Comune a Monza. Dal 1998 è stato direttore generale del Comune di Cinisello Balsamo, poi dei Comuni di Cesena, Legnano, Imola, per approdare nel 2014 a Bergamo. Oggi è anche presidente di Andigel (associazione dei Direttori generali), insegna in diversi master e in corsi per amministratori locali di Anci. Ha scritto “Il direttore generale innovatore negli enti locali“ e diversi contributi pubblicati in manuali, saggi e riviste.

Nel suo ultimo libro si raccontano tredici storie, intrecciate a una quattordicesima. "Un gruppo di colleghi tempo fa mi ha sollecitato a fare una riflessione, ma alla fine solo in due casi parlo di maledetta burocrazia, mentre le altre sono buone storie – spiega Bertola –. Sono storie di donne e di uomini che hanno cercato di cambiare la pubblica amministrazione, e in qualche caso ci sono riusciti. L’idea è quella di dare un contributo con una visione più realistica della situazione, di parlare ai ragazzi e di fornire soft skills per fare bene il dirigente. Perché una pubblica amministrazione efficiente fa bene a chi ci lavora dentro, ma anche all’utente che impara ad alimentare il valore della fiducia, il cemento che lega cittadini e istituzioni. Ho anche realizzato un sito, dove ognuno racconta la propria storia". E i diritti d’autore andranno a finanziare un progetto di solidarietà ad Harare, in Zimbawe (Fondazione onlus per “La Casa del Sorriso”).

Tredici storie più una, si diceva, con protagonisti veri e nomi di fantasia. C’è quella di Lorenzo, che parte da Monza e assomiglia tanto a chi ne ha scritto: un ragazzo che terminati gli studi decide di fare l’obiettore di coscienza al posto del servizio milatare, viene assegnato al Comune e si trova a dover affrontare un’emergenza, quella di un gruppo di ragazzini bulletti di quartieri degradati, con una formula di empatia, inclusione e socializzazione che oggi farebbe strada. Ma che soprattutto fa bene anche a chi l’ha praticata, perché scopre che dalla pubblica aministrazione non vorrà più andare via.

E c’è la storia drammatica dei morti di Bergamo nei giorni della pandemia, gestita da Rossana, direttrice dei servizi cimiteriali, che riuscirà ad accordarsi con la diocesi per utilizzare la chiesa del cimitero come ricovero delle bare sempre più numerose in attesa di cremazione, ad aumentare al massimo le potenzialità del forno e a coinvolgere le forze dell’ordine per portare le salme altrove quando non sarà più possibile provvedervi, fino ad arrivare a quella fila di camion militari che ha fatto il giro del mondo, diventando il simbolo del dolore.

Tra una storia e l’altra la giovane discute con il dirigente, rivedendo con coraggio e fiducia l’idea che aveva del lavoro pubblico. Il passaggio di testimone è compiuto.