SONIA RONCONI
Cronaca

Lissone, gli schiavi cinesi del lusso nel cuore del made in Italy

Scoperto dall’Arma un laboratorio pollaio di camicie gestito come una prigione Qui 27 asiatici lavoravano senza tregua fra macchine per cucire e materassi

Nel capannone sono state trovate macchine per cucire, letti e una specie di cucina

Lissone  (Monza) -  I carabinieri di Lissone insieme ai colleghi del Nas (Nucleo Ispettorato del Lavoro di Milano) hanno scoperto un laboratorio di camiceria su un’area di 230 metri quadrati nel cuore della città dove lavoravano in precarie condizioni 27 cinesi gestiti da un imprenditore connazionale che li faceva sgobbare ben oltre le 8 ore lavorative. Nel capannone “lavoro e casa“ sono state trovate macchine da cucire, una sorta di cucina con sedie dove in 14 erano seduti al momento dell’incursione dei carabinieri e un reparto dormitorio con soltanto 17 reti con materassi. Ben 5 lavoratori sono stati trovati senza regolare contratto. L’azienda tessile gestita da un imprenditore di origine asiatica ha avuto 55mila euro di sanzioni e l’ attività è stata chiusa. Il blitz degli uomini dell’Arma è arrivato dopo settimane di indagini. I cinesi lavoravano sino allo stremo delle loro forze nel capannone con dormitorio annesso, completo di cucina, completamente abusivo e in condizioni igieniche precarie.

Il capannone era stato dato in affitto circa un anno e mezzo fa al cinese che senza clamori si era realizzato la sua azienda stile brianzolo “cà e butega“, ma senza soste o diversivi. I dipendenti erano costretti ad un turnover impressionante. L’imprenditore cinese ha sottovalutato il fatto che la sua attività era vicina alla patria del mobile e dei negozi del brand dell’abbigliamento, dove tutti si conoscono. La difficoltà iniziale per le indagini dei militari- dopo la segnalazione - è dovuta al fatto che il capannone pareva vuoto. Nessuno usciva o entrava. Neppuretraffico o autovetture parcheggiate.

Questo ha spinto gli uomini dell’Arma ad essere prudenti prima di muoversi. Poi hanno scoperto che gli operai asiatici lavoravano e vivevano in quel laboratorio, senza mai uscire. Quando hanno fatto il blitz all ‘interno del capannone laboratorio della società che si occupa di produzione di camicie destinata al made in Italy per terzi sono stati trovati i 27 cinesi e il titolare. Ben 14 lavoratori erano seduti alle loro postazioni, intenti a cucire e tagliare. Altri invece non erano al lavoro, ma nel dormitorio abusivo. Oltre alle condizioni igieniche precarie, sono stati trovati anche impianti di videosorveglianza attraverso i quali il datore di lavoro controllava a distanza gli operai-schiavi. L’attività produceva camicie per un acquirente, che a sua volta le vendeva ad aziende griffate. L’attività produttiva è stata sospesa e sono scattate le multe. Ora gli uffici comunali faranno le dovute verifiche e gli accertamenti del caso. Il titolare dovrà rispondere a molte inadempienze e del fatto che cinque operai lavoravano pure in nero. Le indagini proseguono.