DARIO CRIPPA
Cronaca

Monza, il ladro di libri antichi della biblioteca

Negli anni Sessanta uno studente provò a rubare alcuni documenti di età napoleonica

I libri antichi furono per fortuna recuperati

Monza, 7 gennaio 2019 - Un ladro del tutto particolare.  Non un poetico ladro di libri innamorato della cultura, ma piuttosto una persona che aveva pensato di mettere davvero a frutto, oltre cinquant’anni fa, i propri studi, anche se in una delle maniere meno oneste possibili.

Riavvolgiamo dunque il nastro. E torniamo a un freddo giorno di febbraio del 1965, quando all’Ufficio Economato del Comune di Monza si presenta un venditore ambulante di libri che ha sotto braccio alcuni manoscritti e stampe di età napoleonica riguardanti la storia locale di Monza e prova ingenuamente a offrirli ai funzionari. Il venditore avrebbe anche tutti i sacri crismi e i permessi per fare il proprio mestiere, dato che - come si accerterà in un successivo momento - abitualmente mette la propria bancarella in piazza San Paolo, in centro Monza, ed è quindi persona più che nota in città.

Il problema è però l’origine di quei preziosi documenti che ora si trova invano a offrire al Comune della propria città. Una rapida indagine infatti conduce presto a scoprire che quei manoscritti e documenti di età napoleonica sono di provenienza furtiva e non provengono nemmeno da troppo lontano: fino a pochi mesi prima erano infatti conservati negli archivi della biblioteca civica di Monza. Opportunamente interrogato, l’onesto venditore ambulante racconta senza problemi che a fornirgli quella ghiotta mercanzia era stato un uomo di Monza, un trentaduenne residente peraltro non lontano dal centro storico. Il venditore ambulante glieli aveva pagati cinquemila lire, con l’accordo di consegnare altro denaro qualora fosse riuscito a trovare acquirenti per quei polverosi documenti che il trentaduenne sosteneva di aver recuperato nella propria abitazione, prezioso lascito dei propri avi.

Il “ladro” viene a questo punto regolarmente denunciato per furto aggravato e i libri trafugati vengono confiscati e restituiti alla biblioteca. Ma occorrerà attendere il processo per scoprire esattamente cosa fosse successo. In aula, al Tribunale di Monza, vengono infatti alla luce i contorni dello strano furto. Il trentaduenne, che non era certo un ladro matricolato, confessa infatti che si era ritrovato per parecchio tempo a trascorrere le proprie giornate in biblioteca, come un qualsiasi studente magari un po’ fuori corso, per preparare al meglio uno studio di agrimensura a cui stava lavorando. E una volta trovatosi “al verde” – in tutti i sensi – aveva avuto la mala pensata di allungare le mani su alcuni di quei volumi e di quelle stampe di età napoleonica che tutti i giorni aveva per le mani.

Davanti al giudice le cose non gli andranno poi tanto male. Lo stesso pubblico ministero, considerato alla fine l’esiguo valore economico della refurtiva (evidentemente non aveva nemmeno scelto i manoscritti più preziosi) aveva ritenuto si dovesse applicare il beneficio dell’amnistia nei confronti dell’imputato. Una tesi che aveva trovato ovviamente il consenso anche del suo avvocato difensore e che era stata accolta dal Tribunale nella formulazione della sentenza.