La sfida dei piccoli "Sul palcoscenico coi piedi ben piantati nel nostro territorio"

Il regista, attore e drammaturgo Corrado Accordino racconta co le acrobazie di chi alza il sipario, trasformando la crisi in opportunità

Migration

di Veronica Todaro

Corrado Accordino, attore, regista e drammaturgo, è il direttore artistico di tre teatri sul territorio di Monza e Brianza. Tre realtà diverse, ma con gli stessi problemi da affrontare. Agrate Brianza, Bovisio Masciago e Nova Milanese, realtà teatrali territoriali che durante il Covid hanno sofferto.

Come si rilanciano i teatri in provincia dopo la pandemia?

"Con le idee. Con l’attenzione ai protocolli. Rassicurando il pubblico. E dopo un primo momento di assestamento, la gente è tornata a frequentare i teatri. Noi per primi ci siamo accorti quanto gli eventi dal vivo ci fossero mancati, quanto fosse importante ricucire una relazione umana fatta di storie, di emozioni, di confronti e di applausi. Senza mai perdere l’attenzione sulla qualità artistica".

Come attrarre il pubblico?

"Mettendolo al centro del proprio lavoro, facendo cadere le barriere. Non c’è una persona illuminata che conosce bisogni e preferenze del pubblico e agisce di conseguenza. Ad essere precisi non c’è nemmeno "il pubblico". Esistono le persone, ognuna con i propri bisogni, le proprie specificità, le proprie opinioni. Un teatro funziona quando sa intercettare questa diversità ascoltando, osservando, confrontandosi e poi coniugando il proprio gusto artistico con questi bisogni".

Che genere di spettacoli serve a fare cassa?

"Il modo più semplice per attrarre il grande pubblico è fare leva sui volti noti, ma a questo proposito è doverosa una precisazione. Questi spettacoli hanno cachet alti, che possono essere affrontati da teatri abbastanza capienti da coprire quel costo con l’incasso. Ciò crea una cesura fra i teatri grandi e quelli medio piccoli, che data la minore capienza dovrebbero alzare i costi dei biglietti per coprire la spesa. La nostra vocazione di teatro popolare non ci consente di farlo, ma anche noi abbiamo l’esigenza di ospitare eventi di richiamo che, a cascata, portano beneficio a tutta la programmazione. Questo tipo di azione è sempre intrapresa con lo scopo di avvicinare le persone: l’evento di richiamo permetterà al pubblico di scoprire anche il successivo protagonista in cartellone, che magari non è famoso ma sa ugualmente farci emozionare". Spesso gli spettatori preferiscono vedere lo stesso spettacolo a Milano, a Monza ma non nel teatro sotto casa. Qual è la dinamica? È così anche nei teatri di cui lei è direttore artistico?

"Esistono certamente gli amanti di teatro che frequentano le sale milanesi perché offrono un’enorme quantità di prime visioni ed eventi di richiamo anche internazionale. La gran parte del pubblico che accogliamo in teatro, però, è fatto dalle persone che vivono il territorio, residenti o in arrivo dai comuni limitrofi. Il vantaggio del teatro di provincia è che diventa un riferimento per la comunità, che lo frequenta anche perché invogliato dalla prossimità oltre che dalla qualità della proposta. Il nostro spettatore tipo arriva a teatro a piedi, dopo aver magari cenato a casa con la famiglia. E questo per noi è un valore, perché significa che il nostro lavoro ha piedi ben piantati sul territorio".