L’affresco di Manuela Bramati sparito sotto una mano di bianco

Concorezzo, l’opera realizzata 34 anni fa sulla parete dell’allora aula del Consiglio è stata coperta durante il restauro di Villa Zoia

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di Antonio Caccamo

Una mano di vernice bianca sull’opera d’arte. Il restauro della villa comunale ha fatto sparire il grande affresco dipinto 34 anni fa sulla parete di quella che allora era l’aula del Consiglio comunale. Il salone è al piano terra della neoclassica villa Zoia, edificio di metà 800 appartenuto alla marchesa Teresa del Carretto Corio.

"Al posto dell’affresco ora c’è una parete bianca. L’hanno fatto a insaputa. L’ho scoperto per caso, guardando le foto su un giornalino locale. Che tristezza", dice Manuela Bramati, visual designeradvertising e titolare di Estudio, autrice del grande a secco di 6 metri per 3.

"Quanto è successo non si può ridurre a una mera faccenda locale. E’ un oltraggio all’arte d’avanguardia italiana di fine millennio". Ha scritto anche al sindaco, Mauro Capitanio, per ricordarglielo. L’incarico lo aveva ricevuto nel 1984, vincendo un concorso indetto dalla giunta comunale del tempo, guidata da Matilde Grassi: "prima (e unica) sindaca donna a Concorezzo. Il Maestro Walter Bellocchio e la giuria tutta avevano scelto tra i tanti il mio progetto, il più moderno. Testimone del presente. Proprio per non incorrere nell’errore di realizzare decorazioni falsoantiche che sarebbero risultate kitsch, cioè di cattivo gusto, e, citando Philippe Daverio, "Disneyane", racconta l’artista che ha dedicato alla decorazione della parete "tutti i week end dal 1984 fino al 1986. Il rimborso spese fu di 500.000 di vecchie lire, di cui 250.000 spesi in creta, gesso, pigmenti e materiali vari".

La tecnica pittorica è quella dell’"assecco": "il maestro Bellocchio mi aiutò nella preparazione della parete: polvere di marmo, sabbia del Ticino e calce viva spenta e nel lavoro di incastonatura del bassorilievo". Il passaggio dal prototipo in creta del bassorilievo allo stampo in gesso avvenne nell’atelier Bonalberti di Casatenovo "con i suoi figli miei amici. Avevo utilizzato i pigmenti per affresco presi nel mitico negozio Calcaterra in Brera e per l’ultima stesura il latte come medium"".

Il dipinto era una raffigurazione semanticaastratta delle "accorate battaglie" della giunta comunale e dei concorezzesi di ogni colore politico disputate per il bene del paese: "un disegno basato sulla sezione aurea, proprio per creare un equilibrio classico con l’architettura neoclassica di Villa Zoja".

Fresca di studi alla Scuola Politecnica di Design di Nino Di Salvatore, Manuela aveva applicato le nuove teorie di percezione visiva dello psicologo Fabio Metelli sulla "Trasparenza Fenomenica" e fatte sue le lezioni di Bruno Munari e Augusto Garau.

La vernice ha coperto tutto: "Un gesto oltraggioso non tanto verso di me ma verso l’arte tutta. L’affresco è perso per sempre. Ma almeno che si sappia cosa è stato fatto".