Il combustibile delle stelle per treni, aerei e navi

L’industria aspetta un piano nazionale per realizzare a costi accessibili flotte e stazioni di rifornimento. L’elettrico? Avrà successo solo per le city car

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L’idrogeno è il più leggero e abbondante elemento di cui si compone la materia. È pure il “combustibile“ con cui bruciano le stelle e da cui deriva l’energia che ogni giorno la terra riceve dal sole. E utilizzato nelle celle a combustibile, si combina con l’ossigeno per produrre energia elettrica e acqua. Energia che mette in movimento e non inquina. Rendendo l’aria più respirabile. Per questo la mobilità del futuro passa (anche) dall’idrogeno. Soprattutto nei trasporti di grande massa su treni, aerei e, perché no, navi.

"Certo, l’idrogeno non è semplice da trasportare e stoccare, ma legandolo all’azoto diventa ammoniaca. Se le navi mettono ammoniaca nei serbatoi e riescono a dissociarla eliminando l’azoto e tenendo l’idrogeno, allora sì che abbiamo risolto il grande tema dell’inquinamento delle navi – la soluzione di Alberto Dossi, presidente della Sapio –. E poi ci sono i camion. L’idrogeno per le lunghe percorrenze è insostituibile. L’elettrico avrà successo solo per le city car. Con un chilo di idrogeno si possono percorrere circa 110 chilometri, un serbatoio tiene quasi 6 chili e con un pieno possiamo fare quasi tre quarti dell’Italia". Per i veicoli leggeri, invece, "l’idrogeno è ancora antieconomico: la spesa di investimento di una macchina a idrogeno rispetto a una corrispettiva a combustione interna è esattamente il doppio". E comunque mancano le stazioni di rifornimento. "Il Pnrr ha dedicato 3,64 miliardi all’idrogeno (2 per il settore industriale). A ottobre è uscita la direttiva sulle 40 stazioni di rifornimento di idrogeno che devono essere fatte entro il 2026 e i cui bandi scadono a marzo 2023. Senza infrastrutture – chiarisce Dossi – non si va da nessuna parte. Oggi l’unica stazione di rifornimento è Bolzano, dove viaggiano 14 bus a idrogeno. Ma tutti i corridoi transeuropei devono essere dotati di stazioni di rifornimento se vogliamo avviare un mercato che, in realtà, è già pronto".

Il messaggio è diretto alla politica: "L’industria investe se ha una strada tracciata: serve un piano nazionale dell’idrogeno che sia chiaro, pluriennale (almeno di 3 anni), abilitante per gli investimenti e che dia possibilità di avere sovvenzioni. Non dobbiamo più parlare di impianti pilota. Qui si tratta di introdurre un nuovo mercato in un momento di grande confusione che però genera grandi opportunità". Presidente di H2It (l’associazione italiana per l’idrogeno) dal 2015, "ho passato 6 Governi diversi. Tutte le volte bisogna ripartire da capo". Eppure "oggi tutta la filiera è pronta, bisogna solo che la politica renda possibile la messa a terra dei progetti. Per ora l’unico è la trasformazione dei treni della Valcamonica in una tratta (Iseo-Edolo-Brescia) con 14 treni a idrogeno. E Sapio fornirà la stazione mobile per il rifornimento e l’idrogeno necessario al funzionamento dei treni per la fase di test".

Pur sempre nella consapevolezza che la produzione di idrogeno "inquina zero se partiamo da energie rinnovabili (eolico, voltaico, idroelettrico, geotermico): prendiamo questa energia, la buttiamo nell’acqua e dividiamo l’idrogeno dall’ossigeno. In questo caso l’inquinamento è zero dall’inizio. Se invece, come avviene oggi, si parte dal metano, che passa dentro a un tubo a 900 gradi, la molecola si spacca, il carbonio va da una parte e si produce idrogeno: qui, purtroppo, è sporco (ogni chilo di idrogeno produce 9 chili di Co2). Ma nell’ottica di una transizione, questi impianti non li butti via dall’oggi al domani, piano piano si pianifica lo spegnimento e i nuovi investimenti saranno fatti per fare elettrolizzatori e per avere una corrente dalle rinnovabili".

M.Galv.