STEFANIA TOTARO
Cronaca

Il business delle protesi: "Nessuna bustarella a Manzini"

L’ex responsabile commerciale della ditta Ceraver e il rapporto con il luminare dell’ortopedia "Era comunque coinvolto: cene offerte e con il suo staff si prestava a visite persino fuori regione".

L’ex responsabile commerciale della ditta Ceraver e il rapporto con il luminare dell’ortopedia "Era comunque coinvolto: cene offerte e con il suo staff si prestava a visite persino fuori regione".

L’ex responsabile commerciale della ditta Ceraver e il rapporto con il luminare dell’ortopedia "Era comunque coinvolto: cene offerte e con il suo staff si prestava a visite persino fuori regione".

Un "sistema di quote, percentuali e numero di apparecchi" gestito "con me e Camnasio" per il business delle protesi francesi Ceraver per anca e ginocchio, con i soldi consegnati a mano nelle buste ai chirurghi ortopedici compiacenti "quando si andava in sala operatoria per qualche intervento". Non con il luminare Claudio Manzini, che "non utilizzava sempre i nostri prodotti, spaziava tra diverse protesi" e per cui "non si parlava di bustarelle", ma si cercò di "legarlo ad un contratto che giustificava un ritorno economico". A parlare ieri davanti ai giudici del Tribunale di Monza, Denis Panìco, che era responsabile commerciale della Ceraver Italia. Lui ha già patteggiato per corruzione insieme agli allora chirurghi ortopedici del Policlinico di Monza Marco Valadè e Fabio Bestetti e alla stessa Ceraver pene tra 2 anni e 8 mesi e 3 anni e 4 mesi di reclusione ed è stato quindi sentito come testimone al processo che ora vede alla sbarra l’allora responsabile commerciale Ceraver per la Lombardia, Marco Camnasio, il chirurgo ortopedico Claudio Manzini, in servizio agli Istituti clinici Zucchi e tre dirigenti francesi della Ceraver. Secondo le indagini della Guardia di Finanza di Milano, coordinate dalla pm monzese e procuratrice aggiunta Manuela Massenz, Panìco e Camnasio, con il placet dei tre dirigenti francesi, sarebbero stati i promotori e organizzatori dell’organizzazione. Manzini è a sua volta accusato di aver preso parte alla corruzione, ma nella fattispecie meno grave di "corruzione nell’esercizio di una funzione" relativamente all’uso delle protesi (che sarebbero state utilizzate soltanto se di reale utilità per il tipo di disturbo ortopedico dei pazienti), mentre di aver agito per "atti contrari ai doveri d’ufficio" nel prestare sé e il suo staff per le visite negli ambulatori di medici compiacenti anche fuori dalla Lombardia.

"Si andava dal medico di base e si diceva, in caso di pazienti con problemi alle ginocchia o alle anche, ti mettiamo a disposizione un’équipe per accorciare i tempi delle visite e dell’intervento chirurgico – ha spiegato Panìco in aula –. C’era una sorta di affitto della stanza, non ho mai visto dare soldi ai medici di base, ma io le provviste le preparavo. Anche Manzini o la sua équipe lo facevano". Risultano viaggi persino a Lamezia Terme. La pm ha letto in aula un’intercettazione telefonica del giugno 2016 dove Panìco si lamenta con Camnasio che "1.300 euro per una cena con Manzini e un altro chirurgo, Sarzana, più 11 medici di medicina generale, 100 euro a testa, è troppo".

Con Manzini, "per giustificare i 20mila euro all’anno del contratto, che non so neanche se era andato in porto, eravamo partiti a voler chiedere 5 protesi alla settimana – ha ammesso il testimone – più l’acido ialuronico che vendevo io (nel business rientrava anche la prescrizione di integratori, ndr), poi nel 2017 ero sceso a 6 protesi al mese. Avevamo calato le braghe perché Camnasio se ne era andato e l’utilizzo delle protesi era calato di molto". "Ci tenevamo a tenerci Manzini, lo metterei ad un altro livello, è un gran professionista, anche umanamente, con lui volevamo strutturare anche degli studi scientifici".