DARIO CRIPPA
Cronaca

I due amanti infelici del Parco di Monza

Gian Guidotto e Rosa, sfortunati rampolli di famiglie rivali morti nel Quattordicesimo secolo fra avvelenamenti e coltellate miisteriose

I due giovani si innamorarono nel Bosco Bello, sotto un’immagine di "Giulietta e Romeo"

Monza, 8 dicembre 2019 - Due ragazzi, due giovani cuori destinati a dar vita a un amore tanto impetuoso quanto sfortunato, a una storia intrisa di baci, carezze, unioni clandestine. Ma anche di coltellate e pozioni avvelenate. Il cuore di quello che un giorno sarebbe divenuto il Parco di Monza fu teatro – così racconta la leggenda – di una tragica storia d’amore per molti versi simile a quella raccontata da William Shakespeare: Romeo e Giulietta. Per raccontarla occorre tornare indietro nel tempo e immergersi tra le fronde del Bosco Bello, cuore pulsante e fitto di suggestioni della foresta che sorgeva ai margini della città. È qui che nel corso del Quattordicesimo secolo, mentre anche in Brianza infuriava la peste, vengono a rifugiarsi due ricche famiglie della nobiltà milanese: i Peregalli e i Lesmi. Tra le due famiglie non scorre buon sangue. E quello che sta per accadere fra i loro rampolli non farà altro che il approfondire il solco che le divide.

Si narra che Rosa Peregalli sia giovane e bella, anzi bellissima. E che, nel corso di una delle grandi feste popolari che ancora si vivevano a quei tempi, sul suo volto si posino gli occhi del giovane rampollo della famiglia rivale, i Lesmi. Si chiama Gian Guidotto e, come nella migliore tradizione, è pure lui molto bello. E soprattutto, data anche la sua giovane età, molto irruento, tanto che il suo sangue baldanzoso lo spinge a intrecciare una relazione con la bella Rosa. Relazione che all’inizio, ovviamente, fu soltanto epistolare, fino a quando però a lettere sempre più infuocate seguirono anche gli incontri veri e propri. Il loro amore è però tormentato, i due ragazzi sanno benissimo che non sarà semplice vincere le resistenze delle rispettive famiglie. E allora ci si mette di mezzo un religioso. Frate Lorenzo - questo forse il suo nome - vive ed esercita il suo ministero a due passi dal Bosco Bello, da eremita, al Santuario di Santa Maria delle Selve.

Frate Lorenzo viene a sapere dell’amore impossibile che lega i due giovani. Forse sono loro stessi a cercarlo, forse è lui, nel segreto del Bosco Bello, a scoprire gli incontri clandestini e probabilmente peccaminosi dei due giovani. E decide di intervenire per sanare la situazione: lo fa celebrando il matrimonio, ovviamente clandestino, fra Rosa e Gian Guidotto. Forse spera anche di riuscire in questo modo a mettere pace tra le due famiglie prima che possa scoppiare lo scandalo. Ma le cose non andranno esattamente come sperato. La vicenda si fa intricata. Secondo una versione, tutto precipita il giorno in cui Gian Guidotto viene trovato assassinato a pugnalate nel Bosco Bello. Ucciso a tradimento proprio da un componente della famiglia rivale che probabilmente era venuto a sapere del matrimonio clandestino e di quell’amore inaccettabile. È la stessa Rosa a trovare il suo amato con un profondo squarcio nel petto, la mano stretta sulla ferita nel vano tentativo di impedire al sangue di uscire copioso.

Rosa è disperata. Abbraccia il suo amato. Lo bacia teneramente. Ma alla fine deve venire a patti con la realtà: Gian Guidotto è morto. Non vale la pena di sopravvivergli. Si procura una pozione avvelenata. Secondo alcuni grazie all’aiuto di un parente dell’amato. Come andrà a finire, è facile immaginarlo. Muore anche Rosa. E l’ostilità fra le due famiglie è destinata ad acuirsi ancora di più. C’è chi racconta un’altra storia, però, anche se gli esiti sono ugualmente fatali: la prima a morire sarebbe Rosa, forse avvelenata. E soltanto in seguito muore anche Gian Guidotto, non suicida però, ma assassinato a pugnalate nel Bosco Bello, come in un regolamento di conti. Una seconda versione che però appare filare meno.

Nel suo libercolo “Passeggiata nel Real Parco di Monza”, una sorta di guida dedicata al Parco pubblicata nel 1841, Giovanni Antonio Mezzotti racconta che fino al 1700 nel Bosco Bello ancora si trovava "l’urna sepolcrale degli infelici: esisteva ancora nel secolo scorso con una lapide latina che ne rammentava la dolorosa tragica fine". E si dice che gli spiriti dei due sfortunati amanti si aggirino ancora tra le fronde del Bosco Bello da quando l’urna è scomparsa e non è rimasto più nulla a ricordare il loro amore.

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