All’ordine del giorno, gli scenari che si profilano dopo la scelta del Tribunale di Milano di mettere Fimer in amministrazione controllata.
Ieri, per i lavoratori del colosso brianzolo degli inverter e delle colonnine elettriche, 88 superstiti (due anni fa qui erano 171) è stato il giorno dell’assemblea con i sindacati. Il momento è delicato, la speranza adesso è tutta riposta nell’opera che i commissari ai quali l’azienda è stata affidata dovranno portare a termine. La missione è rimettere il gruppo sui binari giusti. "È stato un incontro interlocutorio", spiegano Gabriele Fiore (Fim-Cisl) e Stefano Bucchio(Fiom-Cgil). Ma in questa lunghissima vertenza la pressione non cala mai.
"A novembre scade il contratto di solidarietà – aggiungono i metalmeccanici – la preoccupazione per il posto si somma a quella per il reddito. Abbiamo già chiesto un incontro al ministro Adolfo Urso, lo scopo è accorciare i tempi e mettere alcuni punti fermi".
Ma non c’è solo la contingenza: "L’obiettivo finale – ancora i sindacalisti – è il salvataggio di un’attività che è il futuro, e dell’occupazione, cioè di entrambi i siti coinvolti in questa vicenda: Velasca e Terranuova Bracciolini, in Toscana, dove altri 266 dipendenti aspettano di tirare un sospiro di sollievo dopo più di 24 mesi di incertezza e difficoltà".
Il quadro è cambiato a inizio ottobre. Per il giudice il piano di salvataggio "aveva gravi lacune" soprattutto per i creditori e ha intimato al Cda di integrarlo. Gli ex amministratori hanno chiesto tempo, ma il tribunale ha dichiarato lo stato di insolvenza. Fim e Fiom ribadiscono che il nodo da sciogliere adesso "è stabilire se ci sono le condizioni per la ripresa della produzione. Perché in reparto non si fa praticamente più niente, anche se clienti e commesse per chi è un nome del settore non mancherebbero".
Bar.Cal.