Fallimento Bames, il processo slitta

Migration

Bisognerà attendere più di quattro mesi per tornare in aula con il processo per il fallimento della Bames. Ieri si è tenuta l’ultima udienza prima della pausa estiva davanti al Tribunale di Monza per la presunta bancarotta fraudolenta della società, ex Ibm fiore all’occhiello della Silicon Valley brianzola e finita invece per chiudere i battenti nel 2013 lasciando a casa 850 dipendenti. Di fronte a un collegio di giudici modificato per l’assenza per congedo di maternità di una giudice a latere e con un nuovo presidente di collegio, Carlo Ottone De Marchi, si è seduto in aula un solo testimone della difesa perché un altro è stato contagiato dal Covid.

La testimonianza ha riguardato la difesa di Giuseppe Bartolini, soltanto omonimo del patron Vittorio Romano ritenuto amministratore di fatto della Bames. Giuseppe Bartolini ha preso le distanze dall’altro coimputato Luca Bertazzini, presidente e amministratore delegato prima per l’Italia e poi per l’Europa di Celestica che aveva acquisito Bames ma poi, per l’aumento insostenibile del costo del lavoro in Italia, aveva deciso di avviare un piano di reindustrializzazione firmato anche dai sindacati per – sostiene – ricollocare tutti i dipendenti, aprendo anche alla Bartolini Progetti. "Io operavo sui conti correnti della società ma era la direzione di tesoreria a indicarmi chi e quanto pagare", ha dichiarato ieri l’allora capo contabile della Bames, che ha anche sostenuto di avere fornito "informazioni e documentazione per le riunioni tenute dal collegio sindacale per le verifiche periodiche anche sui bilanci". La prossima udienza del dibattimento doveva essere a settembre, invece si torna in aula il 24 novembre. Al dibattimento sono imputati anche Vittorio Romano Bartolini (i due figli Selene e Massimo sono stati condannati al Tribunale di Monza a 4 anni e 8 mesi in abbreviato e anche al risarcimento per danno morale di 5.000 euro a ciascuno della settantina di lavoratori che si erano costituiti parte civile al processo e ora hanno presentato ricorso in appello), tre professionisti membri del collegio sindacale e anche l’israeliano Cats Oozi come ex amministratore di Telit Italia.

Sotto accusa un contratto di lease back e un finanziamento con cui Bames ha ottenuto circa 87 milioni di euro. Denaro che, in base alle ricostruzioni della guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Monza, è servito per acquistare partecipazioni in altre società e per finanziare altre aziende del Gruppo, mentre Cats Oozi è imputato di avere dissipato 16 milioni di euro ai danni della Bames a favore di Telit Communication attraverso la controllata Telit Wireless Solutions.

S.T.