STEFANIA TOTARO
Cronaca

Droga la compagna incinta di due mesi per farla abortire: “Per lui la gravidanza era un problema da risolvere”

È successo a Monza. L’uomo di 58 anni è stato condannato a 6 anni: ha fatto bere alla compagna un potente farmaco. Lei ha perso il figlio

Il Tribunale di Monza ha condannato l'uomo a 6 anni di reclusione

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Monza – “Avevamo già attraversato qualche momento di crisi, ma poi lui sembrava si fosse convinto di andare avanti, sposarci e fare una famiglia. Ma quando gli dissi che ero rimasta incinta, la sua reazione fu rabbiosa, nonostante quello che diceva di desiderare per il nostro futuro. Io non sapevo che fare, ma alla fine decisi di tenere il bambino, con o senza di lui”. Invece il compagno, vedovo con due figli già grandi, ha deciso di non volersi prendere quella responsabilità e ha sciolto un farmaco nell’abituale tisana della donna per farla abortire. È quanto ritengono i giudici del Tribunale di Monza, che giovedì hanno condannato a 6 anni di reclusione un 58enne, facoltoso mobiliere in Brianza, imputato di interruzione non consensuale di gravidanza.

A denunciarlo è stata la ex compagna, una commerciante monzese di 10 anni più giovane che si è costituita parte civile al processo con l’avvocato Luigi Peronetti ottenendo una provvisionale di 20mila euro sul risarcimento dei danni. La perdita del bambino è avvenuta nel 2018, alla settima settimana di gravidanza. “Quella sera andai da lui, visto che vivevamo ancora separati. Quando entrai in casa trovai due tisane già pronte. Era un’abitudine che avevamo, ma di solito la preparavo sempre io al momento. Quando la bevvi, notai che era tiepida, come se fosse stata preparata già da un po’. Vidi anche che le aveva servite nelle tazze di porcellana e non nei bicchieri di vetro trasparente come eravamo soliti fare”.

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Dopo la tisana, l’uomo le avrebbe anche offerto un bicchiere di acqua di cocco e “notai che c’era del residuo sul fondo, come un sedimento, che invece nel suo bicchiere non c’era. Rimasi un po’ da lui, poi mi disse che era meglio se andavo a casa. Sulla porta disse vi amo, te e il bambino”. Alla notte la donna era finita all’ospedale di Monza con crampi alla pancia e perdite di sangue, che avevano portato all’aborto. Dopo la denuncia le indagini coordinate dal pm Flaminio Forieri (che aveva chiesto per l’imputato la stessa condanna poi decisa dal Tribunale) avevano fatto emergere sul computer sequestrato al 58enne delle ricerche fatte su internet su un farmaco abortivo, sul mantenimento per un figlio naturale e, dopo l’aborto, su eventuali tracce dello stesso farmaco nel sangue.

L’imputato nega ogni accusa. “Quel bambino io lo volevo, la gravidanza per me era un sogno, un nuovo progetto con la mia compagna”, sostiene il mobiliere. “Invece per l’imputato quella gravidanza, mai rivelata ai figli, appariva come un incubo, un problema da risolvere”, ha sostenuto il pm. Il farmaco cercato su internet non è mai stato trovato nella disponibilità del 58enne e non c’è neanche prova che l’abbia acquistato. I giudici hanno disposto anche una perizia medica e tossicologica sulla vicenda che però non ha fornito elementi decisivi.