ANTONIO CACCAMO
Cronaca

Danno da 600mila euro, sindaca a giudizio

di Antonio Caccamo

La sindaca di Arcore, Rosalba Colombo, è stata rinviata a giudizio dalla Corte dei conti per un presunto danno erariale di 600 mila euro. La prima cittadina paga lo scotto di avere detto no alla costruzione di un bitumificio contro cui erra esplosa la rivolta degli abitanti di Bernate, una frazione di Arcore. Insieme con lei dovranno rispondere al giudice contabile Marco Rocchini, sindaco di Forza Italia nel 2011, quando il progetto della fabbrica di bitume fu presentato dalla società Doneda e approvato in prima battuta, e il funzionario comunale Massimiliano Lippi, oggi dipendente del comune di Vimercate. Nel novembre scorso hanno ricevuto dal Procuratore regionale della Corte dei Conti l’ "invito a dedurre", cioè a giustificare le loro decisioni. Ora arriva l’atto di citazione. Due i ricorsi alla corte. Uno presentato dal legale della Doneda e un secondo dal M5stelle di Arcore, che pure era alla testa, con alcuni suoi esponenti, della protesta contro il bitumificio.

La sindaca è molto amareggiata e non commenta. "Nessun sindaco prenderà più decisioni coraggiose", si limita a dire. A far discutere sono i 600 mila euro a cui il Consiglio di Stato, 4 anni fa, ha condannato il Comune a pagare a titolo risarcitorio, di fronte ad una richiesta di indennizzo della Doneda di 1,6 milioni.

Contro il progetto del bitumificio l’intera frazione di Bernate, con 3500 firme, esposti e proteste di piazza. Il pezzo di campagna dove doveva nascere la fabbrica è entrata poi a far parte del Parco dei colli Briantei. Il successivo capitolo della storia nasce da un esposto presentato nel 2017 da Andrea Orrico dei 5 che aveva sostenuto il movimento di protesta contro il bitumificio, in cui ipotizzava uno spreco di soldi pubblici (i 600 mila euro, ndr). L’intricata vicenda risale al 2011 quando in carica c’era la giunta di centrodestra guidata da Marco Rocchini. Quell’anno il progetto fu approvato tanto che la Doneda versò una parte degli oneri di urbanizzazione.

Ma poi la giunta Rocchini, preoccupata per la rivolta popolare nell’imminenza delle elezioni, non modificò il piano regolatore, condizione necessaria per far partire i lavori. Il nuovo governo di centrosinistra, da sempre contrario al progetto, lo mise in soffitta. Il Consiglio di Stato, con una sentenza del 2013, ristabilì il diritto a costruire della che nel frattempo era in concordato preventivo e non lo esercitò ma nel 2014 chiese 1,6 milioni di danni, nel 2017 scesi a 600mila euro.