MONICA GUZZI
Cronaca

Dai mondiali di ciclismo alla divisa Francesca Galli e la forza delle donne

L’esordio difficile quando era ancora uno sport per uomini e la necessità di reinventarsi a fine carriera. La campionessa ha stretto i denti ed oggi è vicecomandante vicaria della polizia locale di Monza.

Dai mondiali di ciclismo alla divisa Francesca Galli e la forza delle donne

di Monica Guzzi

Dalla maglia iridata alla divisa della polizia locale. Dietro gli ’abiti da lavoro’ di Francesca Galli si nasconde una donna forte, che al posto di scendere dal pedale ha sempre deciso di restare in sella. Una tenacia che le ha permesso di andare controcorrente, affermandosi in un mondo non sempre accogliente con le donne. A partire da quello del ciclismo: prima campionessa italiana a cronometro a soli 19 anni nel 1979 e poi vincitrice del mondiale a squadre nell’88. Per continuare, a fine carriera, con la divisa della polizia locale di Monza, dove oggi Francesca Galli è vicecomandante vicaria. Anche qui, una carriera tutt’altro che facile.

Francesca, oggi le ragazze hanno meno difficoltà ad entrare in tanti sport considerati maschili fino a 50 anni fa. Come è stato invece il suo esordio?

"Mia madre non voleva che pedalassi, mi considerava il maschiaccio di casa, ma per fortuna ho avuto dalla mia parte mio papà: è lui che mi ha acquistato la prima bici e mi ha seguito nei primi allenamenti. Purtroppo è scomparso presto e non ha potuto gioire dei miei successi".

Qual è stato il momento più difficile come donna?

"Nel ’76 partecipammo al giro di Puglia: per le strade ci tiravano i sassi e ci invitavano a tornare a casa a fare la calza. Da lì abbiamo fatto tanta strada, oggi le ragazze sono avanti".

Da allora sono arrivate tante vittorie, nazionali e mondiali. Ma cosa è successo dopo?

"Ho smesso di pedalare nel ’90. A trent’anni ero ancora forte, ma avevo voglia di avere dei figli, una famiglia. Ho provato una gioia pazzesca quando ho vinto il mondiale, ma ancora di più quando ho avuto i miei figli".

E dopo i figli?

"Mi sono trovata col problema del lavoro, dei contributi per la pensione. Oggi le atlete sono inserite in un corpo di polizia e quando concludono la carriera agonistica hanno un lavoro. Ai miei tempi - oggi ho 62 anni - non succedeva. Per fortuna avevo una laurea in scienze motorie e ho fatto il concorso per ufficiale. Sono entrata nella polizia locale di Monza nel ’96, sono ufficiale dal 2005, ma anche qui all’inizio non è stata una passeggiata. All’inizio i maschi mi mettevano alla prova, ma poi si sono dovuti ricredere. E all’inizio c’erano poche donne in divisa".

In mezzo secolo è cambiato il mondo?

"Oggi è diverso, ma come donne abbiamo tutte le doti necessarie: volontà, caparbietà, intuito. Abbiamo dovuto conquistarci tutto e ormai queste doti sono entrate nel nostro Dna".

Uno spirito di sacrificio che ha evitato a tante atlete scorciatoie facili, pensiamo al doping...

"Noi donne siamo abituate a lottare, mentre i guadagni per le donne sono inferiori. Non c’è terreno fertile all’uso della frode per arrivare a una vittoria".

Se dovesse fare un bilancio, rifarebbe tutto?

"Io sono stata fortunata: fino a trent’anni ho fatto ciò che più mi appassionava e la stessa passione e lo stesso senso del dovere li ho poi messi nel lavoro. Nol tutte le mie colleghe hanno potuto fare lo stesso, molte sul lavoro si sono dovute adattare a lavori più umili".

Lei vive a Desio, ha due figli ormai adulti. Come vive la sua quotidianità?

"Sono serena, mi sono inventata un lavoro, ma continuo a pedalare: ogni giorno vengo a Monza in bicicletta, seguendo la ciclabile fino al comando".