Covid, a Monza il casco che salva dalla rianimazione

La tecnica usata al San Gerardo (respirazione spontanea con CPAP a pancia in giù) in due terzi dei casi ha evitato il ricorso all’intubazione

Un reparto di rianimazione

Un reparto di rianimazione

Monza - La clinica e la ricerca. L’ospedale e l’università. Un’alleanza che ha portato il San Gerardo all’avanguardia nella cura dei pazienti Covid e attirato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Merito dell’intuizione del team di clinici-ricercatori coordinati dai professori Giuseppe Foti e Giacomo Bellani, che hanno sperimentato con successo l’impiego della tecnica di pronazione dei pazienti in ventilazione spontanea con pressione positiva continua.

Sui pazienti con insufficienza respiratoria da polmonite bilaterale (e conseguente ridotta ossigenazione del sangue con sofferenza d’organo) viene utilizzato un casco in grado di mantenere un ambiente ad elevata tensione di ossigeno e a pressione positiva durante tutto il ciclo respiratorio, la cosiddetta CPAP.

La pressione positiva continua consente di mantenere aperti gli alveoli polmonari, sede dello scambio dei gas respiratori con il circolo capillare, e migliorare l’ossigenazione nei pazienti in cui il semplice ricorso ad ossigeno supplementare si è dimostrato insufficiente. All’uso del casco si è pensato di associare, per almeno tre ore al giorno, la pronazione, ovvero la respirazione spontanea con CPAP a pancia in giù. Il cambio della posizione respiratoria può, infatti, permettere una migliore distribuzione tra le zone aerate del polmone e il circolo capillare, favorendo quindi l’ossigenazione del sangue.

L’applicazione di tale metodica, mai sperimentata nei pazienti con insufficienza respiratoria da infezione da Covid, ha prodotto risultati incoraggianti con un rapido miglioramento dell’ossigenazione in posizione prona che si è mantenuta tale nella metà dei pazienti dopo riposizionamento, in particolare in coloro che presentavano livelli più elevati degli indici infiammatori, segno di malattia severa, ed in quelli in cui la pronazione veniva applicata precocemente durante il ricovero ospedaliero. Un risultato che ha meritato la pubblicazione su una delle più prestigiose riviste internazionali, Lancet, e suscitato l’interesse della comunità scientifica internazionale che ha riprodotto i risultati in nuove ricerche cliniche.

Pochi giorni fa sono stati pubblicati anche i risultati sull’efficacia dell’impiego del casco CPAP nei reparti di degenza ordinaria, fuori dalla terapia intensiva: in oltre i 2/3 dei casi l’applicazione del casco ha permesso di evitare il ricovero in rianimazione, il ricorso all’intubazione tracheale e l’impiego di un ventilatore. "La stretta collaborazione tra personale dell’università di Milano-Bicocca e del San Gerardo - commenta il direttore dell’Asst Monza Mario Alparone - ha permesso di offrire cure innovative ai pazienti più gravi".