
Quattro anni e quattro mesi di reclusione per sfruttamento della prostituzione nascosto dietro il centro massaggi. E’ la condanna chiesta dal pm della Procura di Monza Alessandro Pepè (foto) per un brianzolo che gestiva l’esercizio commerciale monzese chiuso nel 2015 a seguito delle indagini condotte dagli allora agenti del Commissariato di polizia di Stato di viale Romagna. Le indagini erano partite dalla denuncia di una ragazza italiana che aveva litigato con l’imputato (che la avrebbe anche minacciata) per la spartizione dei soldi, sostenendo che l’uomo tratteneva per sé quasi tutto, lasciando alle ragazze solo una minima parte.
Secondo quanto ricostruito dai poliziotti, dietro il centro massaggi di via Cellini si nascondeva un ritrovo a luci rosse dove esercitavano la prostituzione ragazze non solo italiane ma anche originarie dell’Europa dell’Est e dell’Africa. Dopo la denuncia della giovane italiana, gli inquirenti avevano raccolto le denunce anche delle altre lavoratrici. La maggior parte di queste sono state rintracciate e convocate in aula al processo al Tribunale di Monza, dove hanno confermato sostanzialmente i loro racconti, rimettendo però le querele relative alle presunte minacce.
L’accusa a carico dell’imputato resta quindi solo quella di sfruttamento della prostituzione, negata dalla difesa secondo cui il centro era davvero soltanto adibito a massaggi e l’imputato non era a conoscenza che fosse stato trasformato in un servizio a luci rosse. Al dibattimento sono stati chiamati, loro malgrado, a testimoniare, anche alcuni clienti del centro massaggi. "Era un periodo della mia vita difficile - ha detto uno di loro evidentemente in imbarazzo - avevo bisogno di essere coccolato e ho cercato su internet un massaggio più sensuale".
S.T.