I Catari, quando una setta tentò di "salvare" la Chiesa

Vegani ante litteram, gli eretici arrivati dalla Francia ebbero il centro più importante a Concorezzo

L'antica chiesa di Sant'Eugenio, roccaforte della repressione anti-catara

L'antica chiesa di Sant'Eugenio, roccaforte della repressione anti-catara

Concorezzo (Monza e Brianza), 4 marzo 2018 - Dodicesimo secolo. Brianza. Concorezzo. La religione cattolica è squassata da rivolgimenti interni, scandali ed eresie. E uno dei movimenti religiosi che più sembrano minacciare l’ordine costituito è quello dei Catari, i Perfetti. Arrivano soprattutto dalla Linguadoca in Francia e fanno proseliti in particolare fra gli stati più umili della popolazione. "Andavano i Perfetti per villaggi e campagne - ricorda il cronista Anselmo d’Alessandria - nelle città e nei mercati fra accattoni, mercanti, operai e contadini". Una setta che predica un rinnovamento religioso e sociale. Basato da un lato su una forma (abbastanza temperata) di manicheismo: ci sono un Dio buono e uno malvagio, un dualismo fra spirito e materia, la prima buona e la seconde cattiva. Dall’altro rimproverano al clero cattolico la sua ricchezza e corruzione, auspicando un ritorno della Chiesa alla primitiva purezza. Un credo, quello dei Catari, le cui origini arrivano fino alla Bulgaria e che propugna anche rigidissime prescrizioni, dal rifiuto delle autorità a quello del corpo. E quindi di conseguenza l’opposizione ai cosiddetti piaceri della carne, all’istituto del matrimonio fino a una forma di dieta vegana ante litteram, col rifiuto ad esempio di alimentarsi di esseri che provengano da un accoppiamento. È in questa temperie spirituale che a Concorezzo accade qualcosa. Siamo grosso modo nel 1155 e in quello che veniva chiamato il vecchio “borgo degli spilli”, perché vi si fabbricavano soprattutto aghi (i concorezzesi sono chiamati ancora oggi i gugiroeu) si registra uno strano incontro.

IL BECCHINO

Torniamo alle parole del cronista Anselmo: "Un notaio giunse dalla Francia in Lombardia, nella contea milanese, dalle parti di Concorezzo, e trovò un tale che si chiamava Marco che era un becchino". Da lÌ nasce la chiesa catara più grande d’Italia. Non si tratta probabilmente di un caso, anzi i commercianti di stoffe della Linguadoca francesi, fra cui i Catari avevano fatto parecchi proseliti, avevano trovato facile sponda a Concorezzo, all’inizio con la scusa dell’acquisto di aghi. E qui avevano pensato bene di instaurare un avamposto del loro movimento nell’Italia settentrionale. E non è probabilmente casuale nemmeno la figura di questo Marco, un ligonizator per dirla alla latina, vale a dire un becchino, per nulla digiuno - proprio per il suo mestiere - dal saper leggere, scrivere e far di conto. Attorno a Marco si stringono un tessitore (Giovanni Giudeo), un fabbro ferraio (tale Giuseppe) e un milanese (Aldrico di Bando). Da questi quattro soggetti nasce la più importante delle sei chiese catare d’Italia, con più di 1.500 Perfetti (così venivano chiamati i preti catari) su un totale di meno di 4mila fedeli in tutta Europa. Il catarismo non era comunque destinato a imporsi. Prima di tutto per le lotte dottrinali che si scatenarono all’interno del movimento, partite dalle dispute dottrinali e non solo; e poi per le feroci persecuzioni della Santa Inquisizione.

UN OMICIDIO

Il punto di non ritorno si vive nel 1252, con l’assassinio del frate domenicano Pietro da Verona. A ordire i delitto, un nobile brianzolo che aveva abbracciato l’ideologia catara: Stefano Confalonieri di Agliate. Infuriato dai continui arresti e feroci interrogatori ordinati dal frate, che in quel momento guidava la repressione per conto del Santo Uffizio dell’Inquisizione, Stefano Confalonieri decise di farlo fuori commissionando il delitto a un sicario che arrivava da fuori: tale Carini de Balsamo. L’agguato fu teso in località Faroa, fra Barlassina e Seveso, il frate fu colpito alle spalle con una roncola e ucciso.

LA REPRESSIONE

La repressione scatenata dalla Chiesa fu feroce. Truppe armate, ingaggiate dallo stesso Podestà di Milano Oldrano da Tresseno, a cui stava a cuore rendere un favore alla Chiesa di Roma, ebbero vita facile. E il punto di ritrovo e baluardo della reazione cattolica fu proprio a Concorezzo, in casa del nemico, con l’antica chiesa di Sant’Eugenio  che divenne la roccaforte della repressione. Il catarismo concorezzese era destinato a farsi sopraffare e a scomparire. In fondo, benché si fosse insediato abbastanza agevolmente in mezzo ai poverìtt de Concorezz, di fatto ne era rimasto un corpo estraneo. La testa di ponte voluta dai vertici d’Oltralpe del movimento eretico non aveva fatto vero proselitismo nel cuore della Brianza. I vertici della chiesa catara, i vescovi, erano sempre venuti tutti da fuori, i residenti non avevano offerto castelli o chiese al nuovo movimento. E quando la Chiesa decise di schiacciarlo sotto i talloni spietati dell’Inquisizione, non dovette penare troppo per riuscirci. 

Tracce dell’epoca catara sono oggi pressoché impossibili da ritrovare. Mentre la chiesa di Sant’Eugenio, la più antica del paese e sede del cattolicesimo ortodosso, è ancora lì a testimoniare il potere di chi era destinato a trionfare.