Biassono, Lega Nord e l’orgoglio padano: "Basta con i capitani"

L’incontro degli irriducibili dell’autonomia, “tradita“ da Salvini, con tanta nostalgia di Bossi e il sogno proibito della secessione

Assemblea militanti e simpatizzanti movimenti del Nord

Assemblea militanti e simpatizzanti movimenti del Nord

Biassono (Monza e Brianza), 16 ottobre 2022 -  

"Rivogliamo un capo, non un capitano". Bandane verdi, spillette con Alberto da Giussano, il popolo della Lega Nord sventola le bandiere con il Sole delle Alpi fuori dalla pizzeria di Biassono dove "il nostro capo Umberto Bossi è venuto a festeggiare due compleanni".

Dal Piemonte a Pordenone, dalla Brianza fino all’Umbria e le Marche, "siamo qui per tenere alta la fiaccola dell’autonomia". "Per inseguire il sogno dell’indipendenza – la prospettiva di Roberto Sain da Trento –. Salvini ha cambiato rotta completamente, è uscito dall’alveo di quello che è il fiume naturale della Lega Nord facendo un movimento personale. Le persone passano, gli ideali restano". Quelli che scaldano ancora il cuore dei 150 che si sono ritrovati "per il Nord".

"Siamo gli unici rimasti a credere nell’autonomia di tutte le regioni, non soltanto della Lombardia", tuona Alberto Mariani. Leghista della prima ora, consigliere comunale, è sceso dal Carroccio per arruolarsi nel Grande Nord con cui una manciata di mesi fa ha anche provato a candidarsi a sindaco di Monza. Era convinto di raccogliere più consensi, ma "mi fa piacere vedere qui a Biassono persone che in campagna elettorale sono mancate. Questo è il nostro momento, dobbiamo ricomporre tutti i gruppi indipendentisti. Se tutti guardano al proprio orticello, verrà fuori un bel Paese", la promessa di Mariani. Su Salvini è telegrafico: "L’ho votato come segretario, ma aveva preso altri impegni. Adesso è diventato un mio nemico".

Il capitano "ha preso una linea che secondo me non è la migliore – conferma Danilo da Senago –. Un nuovo capo? Zaia è quello che infonde più fiducia. Bossi? Temo che non riesca più ad avere energie a sufficienza per imbarcarsi ancora in un progetto così faticoso". Vogliono voltare pagina dopo "aver resistito alle schifezze che abbiamo dovuto sopportare fino ad ora, la distruzione degli ideali della Lega Nord e il voltagabbanismo su tutto – sbotta Antonio Maria Margaritelli, venuto su in moto da Marsciano, in provincia di Perugia –. Il 25 settembre, per la prima volta, non sono andato a votare. Tornerò soltanto quando ci sarà un partito che porta avanti le idee di autonomia. Anche se il vero sogno resta la secessione". L’ideale con cui si presentò Bossi nel 1990. Nei volti della base leggi nostalgia per il passato. Ma "questa non è una riunione tra combattenti e reduci che si contano le vecchie medaglie. È un ritrovo per ricominciare a pensare al domani", il monito di Davide Boni, oggi nel Grande Nord e convinto che "dobbiamo muoverci con un marchio nuovo". Ambiscono al "cambio della Costituzione in senso federale perché quella sarà la vera rivoluzione". Qui "siamo tutti nordisti" e si accontentano del federalismo perché "quello è inattaccabile", ma "sarà quasi una secessione". E allora "occorre risalire il fiume fino alla fonte – la rotta di Ambrogio Fossati, per 10 anni sindaco leghista a Lissone –. L’aspirazione della Lega era quella dell’autonomia, avevo 32 anni di tessera, ma l’anno scorso l’ho abbandonata con un sacrificio enorme. Salvini aveva un progetto che non è quello di Bossi, un progetto di Lega nazionale che evidentemente sta fallendo". L’autonomia era la strada tracciata dalla Lega Nord. Che esiste ancora. "Con la parola Nord che non vuole essere disgregativa, ma una forma di riconoscimento. È identitaria".

Adesso Fossati sostiene Italexit di Gianluigi Paragone e molti leghisti "si sono riversati su altri ambiti che sottolineano una voglia di diversità dal pensiero unico di Salvini che ha mortificato la base e l’idea del governiamo a casa nostra". Chi potrebbe fare il capo? "Vedo tutti sullo stesso piano. Tanti, a cominciare proprio da Salvini, ma anche lo stesso Berlusconi, hanno creato il partito-persona. Con il proprio nome nel simbolo. Anche Bossi, è vero, ma lui era un’identità marchiata sul corpo dei militanti – chiarisce Fossati –. I capi non hanno quasi mai previsto una successione e oggi la paghiamo tutti. Comunque, basta capitani. Serve un capo aperto, che possa condividere le idee della base". Anche se "per me il capo è ancora uno, Umberto Bossi. E oggi è un peccato che non ci sia – la fedeltà di Luca Bosi da Fiorenzuola –. La Lega Nord esiste ancora, nonostante Salvini, e ha diritto di eleggere i propri rappresentanti. Se poi gli elettori diranno che non valiamo niente, faremo la fine di Di Maio. Ma è tutto da dimostrare. Già il fatto che non vogliono che ci presentiamo alle elezioni conferma il contrario". Manca Bossi. E a qualcuno "manca anche sentire il ‘Va’ pensiero’ in sottofondo. Non l’hanno messo più nemmeno a Pontida". Ma l’orgoglio padano non molla. I lumbard rompono le fila augurandosi "Buona libertà e Padania libera".