
Nel 1984 le porte si sono chiuse per sempre lasciando campo libero ai vandali e ai ladri di rame
L’ex Macello è stato per decenni il cuore pulsante della vita agricola locale. Oggi si candida a diventare un polo strategico di servizi pubblici e di interesse generale. Qui, tra edifici lineari e strutture in ferro e ghisa, anticamente si radunavano allevatori da tutta la Lombardia. Ogni 24 giugno, la Sagra del Bestiame di San Giovanni trasformava l’area in un crocevia di commerci, voci e tradizioni. Ma dagli anni Settanta, il declino. L’attività si è spenta, e nel 1984 le porte si sono chiuse per sempre, lasciando l’area in un silenzio rotto solo da atti vandalici e furti di rame. Oggi, questo spazio di 44mila metri quadrati, incastonato tra le vie Mentana, Procaccini e Buonarroti, è pronto a rinascere.
I suoi edifici, distribuiti con logica funzionale, raccontano un’epoca in cui la praticità si sposava con l’estetica sobria del laterizio lombardo. Ma a colpire sono le strutture in ferro e ghisa, vere reliquie del passato: alcune recuperate dalla vecchia stazione centrale di Milano, altre dal Padiglione dell’Agricoltura della Fiera di Milano del 1900. Fino agli anni Settanta, l’ex Macello era un vero microcosmo vitale. Con la chiusura, però, l’area è scivolata nell’abbandono. Oggi, solo il Cral del Comune e un gattile - destinato forse a nuova vita -, animano saltuariamente il complesso, spesso bersaglio di incursioni e degrado. I tentativi di riqualificazione, finora, sono stati viziati da ostacoli. Negli ultimi anni, un progetto per trasformare l’ex Macello in un polo scolastico - con la nuova scuola elementare Citterio e la media Bellani - è naufragato per la mancata aggiudicazione di un bando Inail da quasi 10 milioni di euro. A complicare le cose, un lungo contenzioso legale con la società Hi Senses, iniziato nel 2014. Al centro, il fallimento di un project financing approvato nel 2012 dalla giunta Mariani e bloccato dalla successiva amministrazione Scanagatti. Dopo sentenze sfavorevoli in tribunale e in Corte d’Appello, la Cassazione ha confermato la condanna del Comune al risarcimento di 2,3 milioni, versati nel 2017, mentre Hi Senses ha chiesto ulteriori 1,5 milioni. Una stangata, ma anche un punto di svolta: la sentenza definitiva di marzo ha liberato finalmente l’area per un nuovo destino. Il Piano Città degli Immobili Pubblici può essere la svolta. Si pensa a far diventare l’enorme area dismessa un hub di servizi pubblici pensati per i bisogni della comunità. Si vogliono realizzare spazi per la collettività e per servizi innovativi, funzioni sociali e, forse, un richiamo alla sua vocazione di luogo di incontro.
A.S.