
di Stefania Totaro
Tre condanne da 30 anni a 14 anni di reclusione per l’omicidio dell’albanese murato 7 anni fa sotto un residence a Senago. È la sentenza decisa dalla giudice per le udienze preliminari Cristina Di Censo nel processo con il rito abbreviato per la morte di Astrit Lamaj, scomparso improvvisamente a 42 anni nel gennaio 2013 e rinvenuto il 15 gennaio 2019 dentro un antico pozzo artesiano del residence in ristrutturazione “Villa degli Occhi“.
La giudice ha inflitto la condanna a 30 anni per omicidio volontario premeditato a Carmela Sciacchitano, 64 anni, siciliana residente a Genova, ritenuta la mandante dell’assassinio di Lamaj, colpevole di avere interrotto la relazione sentimentale durata un anno con la donna e di essersene andato prelevando dalla casa della ex gioielli per 100 mila euro. Carmelina, così la chiamavano gli amici, avrebbe chiesto l’autorizzazione dei reggenti mafiosi di Riesi, il suo paese d’origine in provincia di Caltanissetta, a reclutare i sicari siciliani per l’esecuzione.
Le condanne a 24 anni e 14 anni di reclusione sono andate invece, per omicidio senza l’aggravante della premeditazione e detenzione a scopo di spaccio di cocaina, rispettivamente ad Angelo Arlotta e al fratello Carmelo, compaesani della Sciacchitano trapiantati a Muggiò. Carmelo Arlotta dal carcere ha deciso di collaborare con la giustizia, raccontando che l’albanese è stato attirato con la scusa di una compravendita di marijuana in un box a Muggiò, stordito con un colpo contundente e poi strangolato con un filo di nylon. Per lui il pm della Procura di Monza Rosario Ferracane aveva chiesto la condanna a 12 anni di reclusione, mentre aveva chiesto la pena dell’ergastolo per Angelo Arlotta e quella di 30 anni di carcere per la Sciacchitano, ritenendo sussistente per tutti l’aggravante della premeditazione, accolta invece dalla giudice solo per la Sciacchitano.
Al processo si erano costituiti parti civili i familiari della vittima, che hanno ottenuto provvisionali da 15 a 70mila euro ciascuno sul risarcimento dei danni. Per questa stessa vicenda sono invece ancora a dibattimento davanti alla Corte di Assise il cugino degli Arlotta, Francesco Serio, 45enne residente a Muggiò, accusato di omicidio volontario premeditato (ma di fatto scagionato dal pentito) soppressione di cadavere, droga, armi e furto d’auto e Cosimo Mazzola, 54enne di Cabiate nel Comasco, che è imputato di soppressione di cadavere e droga. L’accusa di detenzione di droga riguarda i due fratelli Arlotta, Serio e Mazzola: avrebbero tenuto nel 2012 nell’appartamento di Muggiò 3 chili di coca. Carmelo Arlotta ha dichiarato che lui, il fratello e Serio sono stati chiamati dal boss di Riesi in Brianza senza sapere per quale motivo, ma solo il pentito ha preso parte all’omicidio.