DARIO CRIPPA
Cronaca

Addio al “Bill Evans“ di Monza Paolo Brioschi è morto a 64 anni

Il noto pianista jazz è scomparso il 24 dicembre per un male incurabile fulminante

di Dario Crippa

Se ne è andato alla vigilia di Natale. Paolo Brioschi, sessantaquattro anni, noto pianista jazz di fama nazionale, è morto il 24 dicembre per un male incurabile fulminante.

"Se ne è andato nel giro di un mese - spiega affranto Nick Di Cuonzo, noto sassofonista monzese -: era un fratello, un amico, dotato di grandi capacità musicali ma capace di restare sempre umile".

Figlio di un operaio della Breda che era stato a sua volta musicista, Paolo Brioschi aveva studiato per dieci anni al Conservatorio dove si era diplomato come pianista. Nella sua lunga carriera, aveva insegnato per anni musica alla scuola media (molti ex alunni lo ricordano ad esempio alla Confalonieri, nel cuore del centro storico), fino a quando aveva ottenuto diversi ingaggi che lo avevano spinto a dedicarsi principalmente alla sua passione artistica.

Lo chiamavano il “Bill Evans” di Monza, nell’ambiente, dato che per tecnica e mood si ispirava molto al noto pianista statunitense al quale si avvicinava come stile.

Così come allo stesso modo il fratello Marco, con cui condivideva la passione per la musica jazz, e che veniva chiamato a sua volta il Chet Baker della Brianza.

Poi, diverse traversie anche di natura privata lo avevano spinto a sacrificare la carriera per rimanere sempre accanto alla moglie e alle due amate figlie. Questo non gli aveva comunque impedito di andare più volte a incidere in Svizzera per conto di Mina, sua grande estimatrice, che lo chiamava spesso per i propri dischi, Ma anche di andare suonare con il grande Enzo Jannacci e il figlio Paolo, che ne apprezzavano le innegabili doti da musicista. O anche di partecipare a trasmissioni televisive sulla Rai e Canale 5.

Ancora pochi anni fa, lo ricordano in parecchi mentre suona all’inaugurazione con Nick Di Cuonzo del Jazz Club di Monza, al fianco di artisti del calibro di Renato Barzago.

"Era un grande pianista jazz - lo ricorda ancora commosso Nick Di Cuonzo -, capace di chiederti sempre se quello che inventava era di tuo gradimento, e le sue trovate musicali ben si adattavano a quello che avevi in mente per il tuo disco".

"Con lui ho suonato tante volte e mi ha accompagnato anche nei miei lavori solisti come cantante, oltre che come sassofonista. Anni fa in America aveva inciso un disco molto bello e struggente, dedicato alla madre Gemma, al quale come titolo non a caso aveva dato proprio il nome della mamma.

Mi dispiace molto, avevamo suonato tante volte insieme. Ad esempio alle sarate organizzate da Gabriele Stefanoni allo Sporting Club di Monza".