
Zlatan Ibrahimovic e Samu Castillejo (Alive)
Milano, 27 gennaio 2020 - Torna il sereno, la classifica inizia ad essere non più cosi negativa (ma ancora da migliorare, s’intende), i sorrisi riemergono dopo mesi di cupi musi lunghi. Ora, però, per Stefano Pioli inizieranno anche i grattacapi. Perché dopo i tre gol in due partite, che sono valsi sei punti per il suo Milan, il tecnico dovrà essere abile a gestire Ante Rebic. Partire dalla panchina, entrare, segnare gol decisivi. Il leitmotiv che lega l’attaccante croato alla propria avventura in maglia rossonera oggi è questo. Ma quanto potrà durare? E soprattutto, per quanto si potrà ancora preferire un Leao apparso con le polveri bagnate a Brescia quale spalla ideale di Ibrahimovic? Chiederselo è lecito, la risposta arriverà solo dal campo.
Il croato, intanto, scalpita: vuole giocare, si sente bene ed è in un momento dove tutto ciò che tocca si tramuta in oro. Ha raggiunto, come numero di presenze e reti, l’attuale performance all’Eintracht Francoforte di André Silva, alla faccia di chi ad inizio stagione aveva iniziato quasi a rimpiangere l’attaccante lusitano. Ora, però, reclama spazio: finora ha giocato una volta sola dall’inizio (nel match del 23 novembre a San Siro contro il Napoli), subentrando in nove occasioni e rimanendo seduto in panchina in altre otto. E Pioli riflette se lanciarlo nella mischia sin dall’inizio già domani, nella gara dei quarti di finale di Coppa Italia contro il Torino, o aspettare domenica nel match di campionato, a questo punto decisivo per la zona Europa, contro il Verona. Piccolo dato statistico, ai granata ha già segnato: era il 18 maggio 2014, Fiorentina-Torino 2-2. E anche in quella circostanza partì dalla panchina, prima di subentrare a Pasqual al 77’ e andare a segno due minuti dopo.
Il nuovo Milan ha la faccia arrabbiata, quel ghigno rabbioso di Ibra che tiene tutti sulla corda fino all’ultimo minuto di ogni allenamento e di ogni partita. Ed è stato proprio l’approdo in rossonero del gigante svedese a trascinare la rinascita di Rebic, ma anche di Castillejo e Leao. La vittoria in rimonta contro l’Udinese prima e il successo di misura a Brescia poi, seguiti alla vittoria maturata a Cagliari e il pareggio interno contro la Sampdoria, hanno spedito i rossoneri in piena corsa per una piazza in Europa League e ad una distanza non più siderale dalla Champions. Che rimane ad oggi una chimera, ma che grazie anche all’apporto dei “nuovi” potrebbe fornire a Pioli frecce in più al suo arco. Ed è bizzarro notare come lo svedese, nelle tre vittorie già citate, abbia messo a segno un solo gol, ma abbia concesso ai suoi compagni di reparto la possibilità di divenire assoluti protagonisti: Castillejo sembra un altro giocatore rispetto al recente passato e ora raccoglie addirittura ovazioni per il grande impegno che mette in campo. Leao pennella giocate di altissima scuola,ma ha ancora il difetto di essere spesso bello a vedersi ma poco decisivo. E poi c’è lui, Rebic, che da oggetto misterioso passa ora a contare i giorni che lo separano da una possibile maglia da titolare.
I due ”allenatori” Ibrahimovic e Pioli hanno fatto le loro scelte. Spedendo in panchina Piatek, Suso e Paquetà e rilanciando Leao, Castillejo e Rebic. Che sia la strada giusta? Ad oggi i risultati stanno dando ragione a loro, meglio sfruttare l’onda lunga e proseguire il cammino. L’emancipazione del Milan dalla sua Suso dipendenza è ormai avvenuta. Cambiando il modulo (visto che lo spagnolo, di fatto, ”costringeva” gli allenatori a giocare con il 4-3-3) e donando a Ibrahimovic quella leadership tecnica al centro dell’attacco che mancava. E l’ultima settimana di mercato si preannuncia molto frizzante per il Diavolo: in entrata, certamente; ma soprattutto in uscita.