
Lautaro Martinez festeggia dopo aver segnato
Milano, 6 maggio 2025 – Quasi come quindici anni fa. Ma col cuore ancor più in gola. Nel 2010 Inter-Barcellona era stata il trampolino per la finale che aveva fatto rima con triplete. Questa volta la Coppa Italia è andata, il campionato dice +3 Napoli, ma l'impresa di questa notte rimarrà a prescindere nella storia. Perché il 4-3 strappato di cuore ai supplementari lancia in orbita la squadra di Inzaghi. In finale, a Monaco di Baviera sabato 31 maggio, ci saranno Lautaro e compagni, contro Psg o Arsenal. Settima finale. Due anni fa, l'ultima, a Istanbul. Ora, i nerazzurri sognano ancora.

Parte il Barcellona: difesa altissima, palla che gira e che canta tra i piedi di una scuola quasi impareggiabile, volontà di fare la voce grossa fin da subito. L'Inter non porge l'altra guancia. Tutt'altro. Aggredisce quando deve, riparte alla svelta. E i frutti arriverebbero, ma Dumfries e soprattutto Thuram cincischiano al dunque. I segnali, tuttavia, sono quelli che tutta San Siro attendeva: l'Inter c'è. Eccome. Yamal è sempre raddoppiato (Dimarco più Mkhitaryan), ma trova comunque il modo di liberarsi. Il Meazza lo teme e lo fischia appena può, esplodendo quando ad esempio Bastoni mette una pezza in piena area. Salgono i decibel sul fraseggio Bisseck-Dumfries-Barella. E su una sgroppata di Mkhitaryan che si prende un corner: boato per dare fiducia. Figurarsi quando Dimarco recupera e imbuca, Dumfries appoggia e Lautaro Martinez insacca la comoda palla del vantaggio. Con tanti saluti all'elongazione rimediata poco meno di settimana scorsa. Il Barcellona incassa e risponde alzandosi quasi a dismisura. L'Inter fatica a uscire e per qualche tratto di troppo si deve barricare al limite dell'area, con Acerbi a sbrogliare due volte a un passo da Sommer. Ma, poi, la squadra di Inzaghi sa trovare gli spazi giusti. Così Calhanoglu sciupa il bis, mentre Mkhitaryan taglia alla perfezione per Lautaro steso in area da Cubarsì. Dal dischetto, Calhanoglu. Che questa volta non sciupa. Bis e parapiglia a seguire, con Acerbi che lamenta una scorrettezza di Inigo Martinez (sputo?). Si va negli spogliatoi con i nervi tesi. Si riparte e ben presto i circa 4.500 tifosi arrivati da Barcellona si schiariscono la gola: rimpallo Gerard Martin-Bisseck e sul traversone Eric Garcia, solo soletto, colpisce. 2-1. Non solo, lo stesso Eric Garcia, dopo una ripartenza su corner accesa da Yamal, piomba faccia a faccia con Sommer: vince lo svizzero. Ma il Barcellona insiste e trova ancora il gol: quasi copia e incolla col primo, Gerard Martin pennella, Dani Olmo insacca ancora solo sul centro-sinistra nerazzurro, dove Inzaghi ha appena tolto Dimarco (stremato) inserendo Carlos Augusto che perde l'uomo. 2-2 in sei minuti. Crollo Inter che si protrae: erroraccio di Calhanoglu in disimpegno e Mkhitaryan stende Yamal. Marciniak indica il dischetto, il Var lo induce a rettificare: fallo al limite. Sospiro. Ma il fiato presenta il conto. Nerazzurri pressati, circondati, indotti all'errore. Mentre Yamal fa volare due volte Sommer. San Siro mormora, riprende voce non appena l'Inter rialza la testa. Succede raramente. Tant'è, terzo tonfo: Dumfries si perde Raphinha, Sommer respinge proprio sui piedi del brasiliano, 2-3. Titoli di coda più che apparenti. Ma non è ancora tempo, per l'Inter, di salutare. Thuram e Dumfries raschiano quello che è rimasto dal fondo, Acerbi piomba nell'area catalana e impatta. 3-3, come all'andata. Supplementari, San Siro è una giostra impazzita di emozioni (e c'è anche chi aveva già lasciato lo stadio). E San Siro, nella pioggia e nel vento, ruggisce ancora grazie (anche) ai cambi. Slalom di Thuram che chiude la combinazione con Taremi, tocco all'indietro per altri tocchi che profumano di magia firmati Frattesi: 4-3.

Il resto è apprensione e sofferenza, soprattutto quando Lewandoski incorna sopra la traversa sotto misura. Soprattutto quando Sommer mette la punta delle dita e i pugni sulle sberle di Yamal. Guizzi, battaglia, gambe che non girano più. Poi Marciniak fischia. E San Siro può finalmente cantare tutto il suo orgoglio.
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