GIANMARIO BONZI
Sport

Tortu non vuole fermarsi: "Posso migliorare il record il muro è stato abbattuto"

Il «brianzolo di Sardegna», come ama definirsi lui, 20 anni appena compiuti, potrebbe scrivere nei prossimi dieci anni il più grande romanzo mai letto nella storia della letteratura sportiva italiana

Filippo Tortu a Cologno Monzese

Milano, 26 giugno 2018 - Ci prendiamo  le nostre responsabilità. Ma pensiamo di non fare... Tortu a nessuno, se vi diciamo che il «brianzolo di Sardegna», come ama definirsi lui, 20 anni appena compiuti, potrebbe scrivere nei prossimi dieci anni il più grande romanzo mai letto nella storia della letteratura sportiva italiana, restando in metafora. Una storia che nasce dal «folle disegno» di papà Salvino, atleta appassionato, non talentuoso come il figlio, oggi tecnico, che al momento di invitare la futura moglie Paola al primo appuntamento, anni fa, non sceglie il cinema né tantomeno un ristorante o, giammai, un teatro, bensì una pista d’atletica! Sfida sui 100m, ça va sans dire. Lei accetta e lo batte. O meglio, lui si lascia battere e solo molti anni dopo, spiegherà perché: «Volevo vedere se lei aveva i piedi giusti per l’atletica, da regalare poi a... un eventuale figlio». Li aveva. E li ha donati. Al secondogenito, che di nome fa Filippo, di cognome ovviamente Tortu e da sabato scorso, a Madrid, è diventato il nuovo primatista italiano sui 100m piani, la disciplina per eccellenza alle Olimpiadi, primo azzurro ad abbattere la storica barriera dei 10” netti (9”99) e terzo atleta «bianco» a riuscire nell’impresa. A quarant’anni dal 10”01 di Pietro Mennea, la «saetta» di Barletta. Questo, sicuramente, lo saprete già, ma forse non sapete come c’è riuscito. Ce lo ha raccontato lui stesso, ieri, a Cologno Monzese. 

Filippo, è nella storia. Se ne rende conto? 

«Cerco di non pensarci. Avete presente cosa succede dopo Capodanno? Quando fate fatica a scrivere o pronunciare per qualche giorno i numeri del nuovo anno e continuate a citare quello vecchio? Ecco, per ora faccio ancora fatica a iniziare una frase con il 9, la inizio sempre dal 10. No, non mi sono ancora reso conto completamente. Meglio così. Il sogno che avevo da bambino si è realizzato. Tutti mi dicono che adesso avrò molta più pressione addosso, ma, io credetemi, proprio oggi mi sento leggero. Perché quel tempo l’ho fatto, quel sogno l’ho trasformato in realtà. Spero di migliorarmi già dalla prossima gara ovviamente, spero di scendere già a 9”98, ma se non dovesse accadere, sarà l’ultimo dei problemi. Il muro è stato abbattuto e, come ho detto in Spagna, dedico questo primato a tutta l’Italia, perché sono e mi sento un patriota. Nato e cresciuto in Brianza, ma di origini sarde che riconosco e non rinnego, tutt’altro. Mi sento amato, in Sardegna e forse ho preso anche una parte del mio carattere, da quella Regione. Ma se non dico anche di essere brianzolo, la nonna si arrabbia!» 

I suoi obiettivi stagionali non cambiano di una virgola, giusto? 

«Lo confermo. Erano e sono due: raggiungere almeno la finale ai campionati Europei di Berlino, ad Agosto, e magari correre in 20”20 i 200m. Una gara bellissima, che forse si adatta anche più dei 100m alle mie caratteristiche, visto che sono più bravo sul lanciato, ma che ho disputato solo tre volte negli ultimi due anni. è una distanza sulla quale serve tanta esperienza per fare bene e soprattutto necessita di notevole tecnica in curva, che devo perfezionare». 

Suo padre aveva lo stesso sogno, e l’allena da sempre. La gestione sembra ottimale. Come ci riuscite? 

«È tutto molto semplice: quando ho corso in 9”99, sono corso ad abbracciare il mio allenatore, non mio padre. Riusciamo a distinguere perfettamente i ruoli, anche e soprattutto grazie alla mamma, che fa da mediatrice perfetta. Papà è bravissimo nella gestione della pressione pre-gara e durante gli allenamenti, per i quali pretende, da me dagli altri suoi allievi, sempre, il sorriso sulle labbra. L’unico segreto è quello. E funziona. In più, mi ha costruito un team attorno perfetto, che sperimenta un modo diverso di affrontare l’atletica, in cui ognuno ha un compito ben preciso e non c’è una persona che fa tutto». 

Il futuro?

«Non ho un tempo preciso in testa, ma di certo non voglio fermarmi. Cercherò il personale a ogni gara, come ammette mio papà posso scendere ancora di qualche centesimo rispetto al 9”99 sui 100m. Sui 200m, lui dice che potrò andare sicuramente sotto i 20” una volta metabolizzato il lavoro in curva. Per ora, cerchiamo di avvicinarci al 20”10. Sarei già contento così». 

Un idolo ce l’ha? 

«Livio Berruti. Per il suo stile dentro e fuori la pista. So che ha detto di essersi rivisto in me. Il più grande complimento mai ricevuto. Ne approfitto per ringraziarlo».