C'era vita oltre San Siro: storia degli stadi spariti di Milano

Stefano Pozzoni, storico del calcio, ha ricostruito la vicenda dei campi in cui si giocava il calcio dei pionieri, riuscendo a collocare alcuni impianti "misteriosi" sulla mappa della città

Una veduta di San Siro dall'esterno

Una veduta di San Siro dall'esterno

Quale che sia la scelta di Milan e Inter, il destino dell’attuale San Siro pare segnato. Lo stadio inaugurato nel settembre 1926 è destinato a essere abbandonato. Come è successo, nel secolo scorso, a numerosi campi che ospitarono, nei tempi pionieristici del pallone, le due squadre principali di Milano ma anche una frotta di club spazzati via dalla prima guerra mondiale e dall’avvento del fascismo. Stefano Pozzoni, storico del calcio, tifoso milanista con un passato nelle Brigate Rossonere e un presente nella Banda Casciavit, gruppo impegnato nella pratica del “milanismo militante”, ha ricostruito la storia di questi impianti perduti, ai quali ha dedicato anche il libro “ Milan, i 42 derby dimenticati” (Bradipo).

Qual è stato il primo campo di calcio milanese? “Le prime partite della storia si disputarono a fine ‘800 sull’allora piazza d’Armi, dove oggi c’è il Parco Sempione. Un terreno irregolare, probabilmente privo di vere porte. Furono organizzate da alcuni iscritti della società di ginnastica Mediolanum, i cui dirigenti però non vedevano di buon occhio il calcio. Tant’è vero che presto ne vietarono la pratica”. 

Quando ci fu la svolta? “Nel 1899 con la nascita del Milan. I rossoneri giocarono i loro primi match, soprattutto amichevoli, al campo del Trotter. Che fu presto abbandonato a favore dell’impianto dell’Acquabella. Per una serie di ragioni”.

Quali? “Il Trotter era minacciato dai lavori per la realizzazione della futura Stazione Centrale. Inoltre era anche un luogo fatiscente e malfamato, rifugio notturno per prostitute e senzatetto”.

Dove sorgeva il campo dell’Acquabella? “Posso dire con orgoglio di aver identificato io la sua sede precisa. Si trovava lungo il corso Plebisciti, fra le vie Piolti De Bianchi e Compagnoni. L’ho capito grazie a una foto scattata durante un incontro fra le seconde squadre di Milan e Genoa, in cui si vedono alcune case di piazzale Dateo. Un edificio, in particolare, è caratterizzato da un cornicione decorato con due grosse bocce, tuttora esistente. Questo mi ha permesso di collocare il campo sulla mappa”.

L’Acquabella non rimase a lungo la casa del Milan… “No. Fu il primo campo in Italia con le porte dotate di rete, ma presto fu abbandonato in virtù del campo di via Fratelli Bronzetti, che in realtà si trovava fra le vie Marcona e Archimede. Il terreno seguiva il tracciato della ferrovia in partenza dalla vecchia stazione di Porta Monforte e aveva una disposizione inclinata. Nella foto di un match di allenamento della Nazionale, precedente la prima partita ufficiale del 1910, si notano le pareti di due edifici paralleli che sono in piedi ancora oggi. Quel campo è stato il primo in Italia a essere dotato di una tribuna coperta”.

Ci sono altri campi nella zona? “Sì. Sul lato est della struttura di via Archimede sorgeva una roggia, al di là della quale si trovava il campo dell’Ausonia, costruito nel 1910, in un’area adiacente a quello usato dal Milan, con indirizzo ufficiale in via Poma”.

Quanti spettatori assistevano alle partite disputate in questi campi? “Nelle grandi occasioni fino a mille persone, almeno per quanto riguarda Milan e Inter, dopo che i nerazzurri si trasferirono in via Goldoni. I match di calcio erano eventi mondani, occasioni per mettersi in mostra”.

Quale fu il primo stadio vero e proprio realizzato a Milano? “L’impianto in zona viale Lombardia costruito nel 1920 per ospitare le partite del Milan, che fino a quell’anno giocava al Velodromo Sempione di via Arona, come la US Milanese. È il primo con una tribuna in cemento armato, di fronte alla quale viene edificata anche una gradinata. È circondato da un muro. È anche il primo ad accogliere insegne pubblicitarie. Nella struttura è compreso lo chalet dalla caratteristica forma di cottage all’inglese in cui vengono allestiti spogliatoi e uffici. La costruzione, oggi, è sede del Tennis Club Lombardo di via Sismondi. Per un breve periodo, nell’attesa che fosse pronto, il Milan fu di casa al campo Pirelli, fatto realizzare dal presidente rossonero Piero Pirelli per il dopolavoro dei dipendenti della sua azienda”.

In quali campi giocò l’Inter, invece? “Dalla fondazione nel 1908 al 1912 i nerazzurri utilizzarono il terreno di Ripa di Porta Ticinese al 115, oggi all’angolo con via Carlo d’Adda. Il campo non aveva tribune e spesso i palloni finivano nel Naviglio. Dal 1913 si sistemarono in via Goldoni, a ridosso della chiesa di Santa Croce. Una struttura molto caratteristica, circondata da una staccionata in legno sul cui lato sud venne affissa la scritta Football Club Internazionale. Nel 1928 venne intitolato al giocatore Virgilio Fossati, caduto durante la I Guerra Mondiale. Sul lato ovest fu realizzata una tribuna in legno danneggiata nel 1914 da un incendio e crollata sotto il peso degli spettatori durante un Inter-Genoa nel 1930, l’anno in cui i nerazzurri, successivamente, si trasferirono all’Arena. Sul lato nord c’era la massicciata della ferrovia. I binari erano ancora in funzione: nella foto di un Inter-Brescia, sullo sfondo si vede la locomotiva di passaggio”.

US Milanese-Sempione al campo di via Comasina nel 1905
US Milanese-Sempione al campo di via Comasina nel 1905

 

Quali furono le “case” dell’US Milanese, terza squadra di Milano fino alla fusione con l’Inter? “Oserei affermare che si tratta della seconda squadra di Milano, sia per anno di nascita sia per prestigio, almeno nell’epoca pionieristica. Gli ‘scacchi’, così soprannominati per la casacca a scacchi bianchi e neri, disputarono i primi incontri a L’Oriente, nell’allora via Comasina al 6, in un triangolo fra piazza Maciachini e le attuali vie Farini e Menabrea. Un paio d’anni dopo si spostarono a Cascina Mojetta, nell’attuale area fra la ‘montagnetta’ di San Siro e QT8. Un campo di piccole dimensioni, senza tribune e gradinate, spesso sommerso dalle acque dell’Olona. Infine, dopo aver condiviso il Velodromo Sempione con il Milan, scelsero il campo detto di viale Stelvio, che si trova dove oggi c’è via Catone, a ridosso del vecchio cimitero di Dergano. Uno dei campi di cui ho fatto più fatica a individuare la collocazione”.

Come ci sei riuscito? “Grazie a una foto dove si vedono il campo, un ovale con tribuna coperta a ovest, e un muro bianco sormontato dalla croce del cimitero sul lato nord”. 

Racing Libertas-Milan al campo di via Bersaglio nei primi anni '10
Racing Libertas-Milan al campo di via Bersaglio nei primi anni '10

 

Fin qui le squadre principali. E le altre? “Il Racing Libertas, squadra con la maglia rossa, nota per il carattere guascone dei suoi giocatori, considerati veri dandy, inizialmente giocò in un campo, mai identificato, alla Maddalena, poi divenuta piazza De Angeli. Quando raggiunse la serie A, si trasferì al campo dell’allora via Bersaglio (oggi via Tempesta), il primo di una serie di impianti realizzati nel quartiere di San Siro, lungo via Monte Rosa. Nelle foto, spesso si nota sullo sfondo il palazzo che oggi ospita i missionari del Pime: il campo era fra un deposito dell’Isotta Fraschini e le cascine Bolletta e Bolla”.

Associazione Milanese del Calcio-Milan nel campo di via Monte Rosa
Associazione Milanese del Calcio-Milan nel campo di via Monte Rosa

 

Hai parlato di altri campi nel quartiere di San Siro o nell'attuale zona di piazza De Angeli. Quali sono? “In via Ravizza, all’incrocio con via Correggio, c’era l’impianto della Juventus Italia. Nulla a che vedere con la Juventus di Torino: questa era una società di Milano e indossava una maglia verde con profili rosso e bianco, in modo da richiamare il tricolore. In via Monte Rosa, invece, c’era il campo dell’Associazione Milanese del Calcio, club dall’inconsueto colore avana. Era un impianto arrangiato, sorto praticamente in mezzo a un bosco. Fu così, comunque, che San Siro – dove dal 1888 sorgeva l’ippodromo del galoppo - iniziò a essere considerato un quartiere adatto a ospitare struttura sportive”. 

E le altre zone? “Poco lontano nell’attuale via Trivulzio, che allora si chiamava via Baggina, proprio di fronte alla casa di riposo, fu edificato il campo dello Sport Club Italia, la cui Sezione calcistica si chiamava Nazionale Lombardia, con pista di atletica e  tribuna coperta. Quello rossoverde era l’unico club milanese ad essere espressione del quartiere in cui si trovava il campo di gioco, potendo contare sul sostegno di tifosi piuttosto agguerriti, soprattutto operai della fabbrica De Angeli-Frua. Furono loro, nel 1914, a rendersi protagonisti di intemperanze, compresa una sassaiola, nei confronti dei novaresi giunti in città al seguito della squadra piemontese”.

Quali campi citeresti ancora? “Sicuramente quello dell’Enotria Goliardo fra le vie Colletta e Muratori, che si affacciava su viale Umbria. Quell’area già prima della guerra era urbanizzata e l’impianto era incastonato fra le case. In molte foto si vedono due palazzi, ancora esistenti in viale Umbria, che guardano il campo e i filari di panni stesi”.

Ausonia Pro Gorla-Pavia nel campo di via Jaures
Ausonia Pro Gorla-Pavia nel campo di via Jaures

 

E a nord? “Importante è il campo della sezione calcistica della Pro Gorla, ovvero la vecchia Ausonia assorbita nel 1912 dalla società di Gorla, allora Comune autonomo. Un terreno che sono riuscito a identificare solo di recente: si trovava nell’attuale via Jaures. Nelle foto si scorgono case ancora in piedi e i filari di alberi che allora costeggiavano viale Monza. In via Candiani alla Bovisa sorgeva, invece, il campo dell’AC Stelvio, squadra dalla maglia verde con profiili rossi, che aveva sede in quella zona”.

Di questi campi e squadre, spesso, si perde traccia dopo la Prima guerra mondiale… “Sì. Molti giocatori, del resto, muoiono in guerra. Molte squadre spariscono, altre vengono assorbite. Ci penserà il fascismo, alla fine degli anni ’20, a infliggere il colpo finale, con una riduzione dei club imposta dall’alto. Fu così che venne disposta la fusione fra US Milanese e Inter. All’inizio sembrava che la prima dovesse ‘fagocitare’ i nerazzurri. Poi, grazie a una maggiore disponibilità economica, fu l’Inter ad avere la meglio. Si persero tutto il patrimonio storico dell’US Milanese, ma anche i suoi trofei”.

Un’ultima domanda: che metodo hai seguito per identificare i campi la cui collocazione era sconosciuta? “Innanzitutto la lettura di tutte le copie della Gazzetta dello Sport, che conservo in formato digitale dal 1896. Vanno spulciate una per una, facendo attenzione in particolare ai giorni lontani dalle partite e al periodo precampionato, in cui compaiono più notizie riguardanti i campi. Ho consultato anche altre riviste e giornali dell’epoca, dove ho trovato foto che mi sono state molto utili. Il resto l’hanno fatto la conoscenza approfondita della storia e dell’urbanistica milanesi, altre mie grandi passioni”. 

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