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Milano, 8 novembre 2015 - «A Milano ho trovato alleati e anche il panino con la porchetta». Lo racconta la cantautrice Romina Falconi.
Ha anche detto che si sente una ragazza di campagna che viene a Milano per realizzare il suo sogno? «Sì, la mia prima volta a Milano è stata alla fine del 2006 per provare alcuni abiti in vista della mia partecipazione a Sanremo Giovani l’anno dopo, in cui ho cantato “Ama”. Ma ho cominciato a frequentare anche gli studi di registrazione e mi sono resa conto che come “lavorano” la musica qui non lo fanno altrove, a Milano c’è una catena produttiva fantastica».
Prime ansie da trasferimento? «Le case in cui vivere. Appena arrivata nel 2007 mi sono stabilita in zona Niguarda, poi sono andata in via Meda e infine all’Ortica. A Milano volevo realizzare il mio sogno di cantare da professionista. Tutto nasce da questo grande desiderio. E’ chiaro che ci sono prezzi da pagare, ma trovare casa è quello meno pesante».
Quando ha cominciato a cantare? «Da piccola, a Roma, dove sono nata e cresciuta. Ascoltavo per ore Freddy Mercury e mi dicevo che da grande sarei voluta diventare come lui. Ho cominciato a 8 anni ad esibirmi ai vari concorsi canori per bambini poi sono stata ingaggiata dal “Cafè de Paris” in via Veneto dove cantavo canzoni da grandi. Mi chiamavano la Nikka Costa di via Veneto. Poi i miei si sono separati».
E lei cosa ha fatto? «Non ho mollato. Andavo a scuola ma cantavo ai matrimoni e alle feste di piazza, indossando i vestiti che mi cuciva mia madre. Il colpo di fortuna quando sono stata scelta da Pippo Baudo per Sanremo. A lui devo tanto. Avevo 20 anni e ho cantato una canzone che avevo composto quando ne avevo 17. Ho fatto anche la corista nella tournée in Sudamerica di Ramazzotti tra il 2009 e il 2010. Eros mi chiamò dopo avermi vista in tv da Marzullo. Mi disse che gli ricordavo la sua storia».
E poi la sua storia, come quella di Eros, continua a Milano? «Sì, ho intrapreso un percorso musicale con l’etichetta indipendente “Freak&Chic”, ho iniziato anche collaborazioni importanti tra cui quella con Immanuel Casto».
C’è una via di Milano che le piace? «Sì, è piazza Fusina tra viale Argonne e via Aselli, non è lontana dalla zona in cui vivo all’Ortica. La periferia è il mio habitat naturale. Sono cresciuta nel quartiere romano di Torpignattara che spesso appare nelle cronache per notizie di crimini. E’ un quartiere duro ma ha un senso di comunità e appartenenza molto forte. E’ quello che ho ritrovato in questa parte di Milano».
Cosa vuol dire? «E’ una zona più tranquilla di Torpignattara, ma è piena di un’umanità varia, viva, aperta, disponibile. Per esempio proprio in piazza Fusina c’è il “Chiosco delle Luride” aperto tutta la notte. Spesso dopo i concerti ci vado con gli amici e i colleghi per il mio classico panino con la porchetta, che loro fanno benissimo come a Roma. E’ uno spettacolo osservare la gente che si mette in fila per ordinare: ci sono gli innamorati che non sanno mai decidersi perché non smettono di guardarsi, c’è il pakistano che vende i fiori, ci sono i ragazzini fricchettoni. E’ un’umanità che sarebbe piaciuta a Pasolini».
Insomma si sente a casa? «Sì, in un quartiere come questo non mi sento mai di troppo. Vivere in queste strade serve a mantenere un contatto con la realtà: faccio un lavoro che alcune volte può essere alienante, allora mi basta uscire e guardare le persone che incontro, ci sono mille volti, che hanno tanti ruoli diversi. E poi non manco mai di fare una tappa al Mercato coperto di Piazza Fusina, qui è il fratello “macellaro” della Sora Lella che è dentro di me che mi spinge ad andarci e che si sente a suo agio».
E intanto ha appena pubblicato il suo primo disco “Certi sogni si fanno attraverso un filo d’odio” (Freak&Chic/Artist First) che tipo di Romina ne esce? «Venti tipi di Romina Falconi, quante sono le canzoni, alcune delle quali scritte da me molto tempo fa. Dalla panterona a Bridget Jones, è un po’ la storia della mia vita attraverso diverse fasi e periodi, ma anche quella di tante donne in cui un po’ mi rivedo».
Il suo desiderio da realizzare a Milano? «Quello di farmi una famiglia. Milano ti insegna a prenderti cura di te e degli altri perché è una città esigente». di MASSIMILIANO CHIAVARONE mchiavarone@gmail.com