La strategia di Fontana: "Non temo gli avversari, vinco per le mie idee"

Il governatore lombardo: l'autonomia è una riforma che produce risparmi per lo Stato. Con FdI non c’è rivalità interna: "Abbiamo governato senza problemi, continueremo a farlo"

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, 70 anni

Il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, 70 anni

Milano - "Non bisognerebbe mai temere le elezioni. E di certo noi non abbiamo paura del parere della gente". Attilio Fontana, settant’anni, leghista da quasi quaranta, sindaco di Varese per dieci, è governatore della Lombardia. Il mandato che sta finendo è quello dell’apocalisse Covid, della ripresa lampo e delle incognite legate alla guerra e alla crisi energetica. Fresco di ricandidatura, affronta la sfida della sua ex vice, Letizia Moratti, che ha lasciato il centrodestra per guidare il Terzo polo, e di Pierfrancesco Majorino, eurodeputato Pd appena indicato dal centrosinistra dopo il no a Renzi e Calenda.

Corsa a tre: con Majorino e Moratti la sfida è aperta? Che pensa dei suoi avversari?

"Tutte le elezioni sono contendibili. In Lombardia siamo abituati a votare sulle proposte, sui fatti. Da me non arriveranno polemiche, parlerò di quello che abbiamo ottenuto e del futuro. E mi auguro che anche gli altri facciano proposte da valutare. Quanto ai miei due avversari, sicuramente sono molto diversi. La mia ex vicepresidente viene da un’estrazione di centrodestra, Majorino ha una storia di sinistra, radicata nel Pd".

Per il sindaco di Milano Giuseppe Sala, che con Letizia Moratti ha lavorato da manager in Comune a Milano, Majorino è una persona con la testa sulle spalle ma vuole aiutarlo "a togliere un po’ questa immagine di persona estrema, troppo rivoluzionaria". Che ne pensa?

"Sala conosce bene entrambi. Le loro sono storie che si incrociano...".

Non teme la concorrenza di Fratelli d’Italia? Gli equilibri dopo le politiche sembrano diversi anche in Lombardia...

"Per cinque anni abbiamo lavorato senza fibrillazioni. Dovessero cambiare gli equilibri, continueremo allo stesso modo: concentrati sulle cose da fare".

La pandemia che ha colpito duro, la campagna vaccinale partita in salita e poi recuperata, le inchieste archiviate, poi la crisi non solo legata alla guerra e ai prezzi dell’energia... Che Regione lascia?

"Una Lombardia capace di reagire e mostrarsi più forte di prima. Diciamolo chiaramente: qui il Covid ha colpito in modo drammatico, prima che nel resto dell’Occidente. Eravamo del tutto senza indicazioni, ci hanno lasciato letteralmente a mani nude: non c’erano neppure i dispositivi di protezione. Ma i lombardi non hanno mollato. Non si sono pianti addosso e hanno recuperato. Qualcuno (Letizia Moratti, ndr ) ha parlato di declino, solo per ragioni elettorali, invece qui abbiamo recuperato, prima degli altri, i numeri del 2019. Addirittura li abbiamo superati. Turismo, formazione, attrattività: tutto è in crescita. Nonostante i problemi internazionali e la crisi dei prezzi delle materie prime e dell’energia, che per primi abbiamo visto arrivare e su cui ci siamo mossi subito".

Nuovo governo, nuovi rapporti. L’autonomia alle Regioni che è rimasta nel cassetto dovrebbe sbloccarsi. Ma FdI sembra voglia legare il via libera al presidenzialismo. La svolta è a rischio?

"No. Io credo nell’autonomia. È una riforma attesa da tempo. La Costituzione la prevede dal 2001, dalla modifica voluta dal centrosinistra, che quindi non dovrebbe mostrare perplessità a riguardo. Nel 2017 Veneto e Lombardia hanno votato. Dobbiamo solo rispettare la Costituzione e le scelte democratiche. La strada è tracciata, chiara e condivisa. La segue anche la Francia che era il centralismo fatto sistema. Presidenzialismo e autonomia possono procedere insieme, parallelamente, ma non c’è nessuna gara alla medaglia d’oro su chi arriva primo".

Concretamente autonomia cosa significa per la gente?

"Che allo Stato ogni cittadino lombardo costa 2.300 euro all’anno contro i 3.500 della media nazionale. Significa che a parità di servizi qui si spende meglio, meno. Noi abbiamo l’ambizione di sostituire lo Stato in una serie di servizi, prendendone le risorse. Abbiamo l’ambizione di fare bene risparmiando".

Ha appena finito un tour delle zone interne: valli e Bassa. Prima ha girato per le piccole città. Il 28 novembre organizza gli stati generali? Campagna elettorale a pieno regime?

"No, per nulla. Lavoro serio. Nelle aree interne abbiamo favorito accordi fra sindaci, di tutti i colori, perché a me interessano i fatti concreti, per immaginare progetti di rilancio. Perché Milano è tale anche grazie al resto della Lombardia. Abbiamo messo a disposizione fondi e consulenza del Politecnico per studiare gli interventi. Con le città abbiamo favorito piani di rigenerazione che contenessero anche valori sociali. I sindaci, indipendentemente dal partito, sono tutti una risorsa. Capaci e attenti. E ora il 28 a Milano chiamiamo esperti di ogni estrazione politica per immaginare il futuro della Lombardia. Possono approfittarne tutti, anche gli altri candidati. Chiunque vinca ne farà tesoro".

Trasporti, infrastrutture per le Olimpiadi e sanità sono i nodi essenziali per lo sviluppo...

"Senza nulla togliere a Letizia Moratti, la svolta è arrivata con Guido Bertolaso. Continua a lavorare come se fosse il primo giorno e non la fine del mandato. Attivo, capace: sta gestendo la riforma per la sanità territoriale con efficienza. Un vero lombardo d’adozione. Sulle infrastrutture con l’arrivo di Salvini al ministero l’aria è oggettivamente cambiata. Ora sono convinto che molte delle opere che forse erano ferme per una certa ideologia ripartiranno. A noi servono. Anche in vista delle Olimpiadi. Non sono capricci, ma progetti studiati conciliando ambiente e necessità dei territori. Sui trasporti, invece, è bene che, come abbiamo fatto noi sui treni, Rfi lavori sui binari. Gli investimenti fin qui non si sono visti".

 

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